Di Palermo ci si innamora, non soltanto perchè è una bellissima signora, ma perchè ha un fascino che trasuda dai suoi vestiti, sebbene oggi per chi l’ha conosciuta giovane, siano vestiti logori e maleodoranti spesso.

Con tristezza chi l’ha conosciuta bella ed elegante vede questo stato di decadenza e disordine con molta rabbia, che fa a pugni con una memoria che solo in parte resta vivida di grandi fasti.

Resiste la struttura, Palermo si salva ancora per i suoi capolavori architettonici, per le nicchie dei tesori custoditi nei palazzi nobiliari, dove finalmente la polvere è stata tolta, ed ora sono fruibili al grande pubblico.

Resiste ancora con tutte le sue pecche ,la gioia dei mercati, l’abbanniata, resta ancora un richiamo bello per chi ascolta, la frutta prepotente insieme ai cibi da strada portano colore, che oggi si mischia a quello dei cibi indiani ed africani, sempre di più Palermo specialmente nel centro storico è Africa e Cina. Una buona integrazione ha generato nuove geometrie relazionali e nuovi equilibri.

Palermo resiste perchè c’è ancora chi ha deciso di restare e ha messo in opera i propri talenti, spendendoli in una politica del sociale, imprenditoriale, ci sono ancora realtà di chi fa del proprio lavoro una missione orientata al bene, ma tutto questo non basta più, la primavera palermitana è solo un ricordo, le coscienze si sono dinuovo forse assopite o addormentate, nuove alleanze politiche di stabilità hanno indotto forse, alcune realtà ad adagiarsi, motivo per cui , molte cose sono diventate normali, quando normali non sono, compreso il semplice posteggiatore abusivo che gode del reddito di cittadinanza, ma stà li a “pretendere “ la sua mancia sotto il sole.

E’ facile giudicare, direbbe qualcuno quando si và via, chi resta ed ha il coraggio di restare deve confrontarsi con realtà difficili e contrastanti, ma è pur vero che non ci si deve, non ci si può per senso civico adagiare , il senso del dovere e della responsabilità per il bene comune deve rimanere al di sopra di ogni cosa, chi se ne và racconta ed urla il malcontento.

Palermo bellissima, non profuma più, io il profumo dei gelsomini e della zagara decantata nei secoli non lo sento più, sento solo odore acre di spazzatura ammucchiata nei vicoli, spesso agli angoli delle strade, anche quelle di interesse turistico, il caldo asfissiante gioca la sua parte importante e vedi marciapiedi neri e cumuli di sporcizia che ricorda solo inciviltà, senso dell’abbandono e degrado.

A Palermo i gabbiani si spingono ben oltre il mare, sanno che il cibo lo trovano dentro Ballarò, dove senza nessun criterio una barca abbandonata diviene la casa di nuovi rifiuti, tutto questo sotto gli occhi di tutti, compreso chi vive nei palazzi nobiliari e chi frequenta il palazzo del potere.

Non bastano giochi di luce per far apparire tutto bello, il festino si è concluso, con buoni riscontri di pubblico e partecipazione, si sono messe in campo maestranze e realtà artistiche di spessore, il tema di quest’anno era il canto contro la peste, dovremmo continuare dicendo che dovremmo scrivere fiumi di parole di indignazione per come la città stà morendo.

Ancora cammini e vedi palazzi sgangherati, che ricordano le bombe della seconda guerra mondiale, finestre aperte che guardano il cielo, la poesia la troviamo sempre in ogni cosa per resistere alle brutture, le cicale cantano e il vento sembra essere solo di scirocco, quello che addormenta , non sveglia le anime.

Letizia Battaglia avrebbe detto, come disse in realtà: “ma com’è che a Palermo non si fa mai la rivoluzione?” io il profumo di gelsomino non lo sento più, ma le mie narici come quelle di tanti che amano “forte “ questa città, lo cercano ancora! Svegliati Palermo!.