Sono quattro le zanne di Avorio grezzo (non lavorato) sequestrate dai Carabinieri Forestali del Centro Anticrimine Natura di Palermo presso una struttura ricettiva di pregio ubicata in Provincia di Palermo. Le zanne, insieme ad altri manufatti sempre ricavati da parti di elefante, erano esposte al pubblico all’interno dei locali della struttura destinata ad ospitare eventi privati e costituivano una delle attrazioni, tanto da venire spesso immortalate dagli avventori e postate sui social network.
Attraverso l’attento e costante monitoraggio della rete, i militari specializzati del Nucleo Cites (acronimo di Convention on International Trade of Endangered Species – Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione) hanno effettuato un controllo di natura amministrativa per verificare la legale detenzione degli esemplari e l’esistenza dei certificati; tuttavia dalle risultanze fino ad oggi emerse, è stata constatata l’assenza della documentazione necessaria per la detenzione e l’esposizione al pubblico, desumendo pertanto che siano state illecitamente prelevate in natura. Tale circostanza, se confermata, integrerebbe gli estremi di un reato per il quale è prevista la pena dell’arresto da 6 mesi a 2 anni e un’ammenda da 15.000 a 150.000 euro.
L’avorio, infatti, è sottoposto alle tutele previste dalla Convenzione di Washington che disciplina il commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione, il cui sfruttamento commerciale (ma anche la sola detenzione) senza gli appositi certificati rilasciati dai 28 Nuclei Cites italiani (o dagli equipollenti uffici ubicati negli oltre 170 Paesi che hanno aderito alla Convenzione) configura un’ipotesi di reato.
Il rinvenimento è di particolare rilevanza sia per le dimensioni delle zanne, alte ciascuna più di due metri e di circa 20 Kg. di peso, sia per la circostanza che si tratta di zanne non lavorate, la cui disciplina è ancora più restrittiva di quella relativa all’avorio lavorato.
L’avorio grezzo – se di origine non certificata – potrebbe costituire infatti materia prima per realizzare nuovi manufatti, incrementando così il mercato illegale che, sia la normativa internazionale sia la normativa comunitaria, stanno sempre più restringendo. Da ultimo, infatti, solo nel dicembre 2021, l’UE ha ulteriormente inasprito la disciplina relativa al commercio di oggetti di avorio lavorato, prevedendo, anche per gli oggetti antecedenti il 1947, l’obbligo dell’apposito certificato Cites che, precedentemente alla modifica, poteva essere commercializzato se accompagnato da una perizia o comunque da documentazione che ne attestasse la realizzazione prima del 1947.
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