È una domanda che rimbalza attraverso tutto il mondo del calcio internazionale. Parliamoci chiaro: i club italiani non eccellono a livello internazionale. Ogni classifica ci condanna a un’aurea mediocrità. Non abbiamo abbastanza pubblico, partecipazione, soldi, organizzazione, talento – eppure, il calcio italiano, nel suo complesso, riesce a fare paura a tutti. Perché?

Una base molto solida

Si dice che le costruzioni debbano essere fondate su basi solide – e il calcio, in Italia, ha basi molto importanti. In un paese che ha meno di 60 milioni di abitanti, c’è oltre un milione di tesserati alla Federazione Italiana Gioco Calcio. Partiamo da questo.

E continuiamo con il fatto che tutti hanno a che fare con il calcio in qualche modo.  Se consideriamo i numeri dei bookmakers online, tra cui possiamo citare NetBet scommesse sportive, ci dicono che una percentuale del 27% dei giocatori italiani – e c’erano 8 milioni di conti attivi nel 2020 – predilige le scommesse sportive, fra cui il calcio fa la parte del leone.

Questo ci porta ad affermare una verità che ci pare quasi inequivocabile. Agli italiani non piace il calcio: gli italiani sono fatti di calcio (e non solo nelle ossa!).

Il calcio è uno sport di carattere

Forse ce ne dimentichiamo al giorno d’oggi, guardando le prodezze dei grandi campioni in stadi curatissimi. Ma il vero volto del calcio italiano è fatto di campi di periferia, dove oltre 65.000 compagini tra quelle amatoriali e professionistiche si trovano la domenica mattina a combattere contro il freddo e il fango, spine dalla passione per la vittoria e dall’attesa di una doccia calda appena finita la partita, per andare a festeggiare – o rammaricarsi – insieme.

Questo è il volto del calcio, e questo è il carattere che anima le squadre italiane. Ed è un anelito fondamentale, che scorre nelle vene dei giocatori che sono cresciuti a pane, scarpette, e campetti dissestati, e che magari, dopo anni di sforzo e di sacrifici, hanno avuto la ventura di finire al centro di un palcoscenico gigantesco e perfettamente organizzato.

Ma sotto sotto, restano quelli di una volta, bramosi di afferrare quel pallone per infilarlo nella rete avversaria. ed è per questo che fanno paura – e fanno gola a livello internazionale.

Il grande shopping dei team

Non sarà sfuggito a nessuno che segue il calcio il grande valzer delle acquisizioni dei club italiani da parte di tycoon e fondi di investimento esteri che è avvenuto nel corso di questi ultimi anni. Ci sono schiere di investitori che si sono assicurati le proprietà di club noti e meno noti – nonostante i risultati non propriamente eclatanti a livello internazionale.

E la risposta è sempre e solo una: i club italiani sono un affare. Costano poco e possono essere ristrutturati e resi professionali e vincenti facilmente. E forse, questo dipende proprio dalla stessa passione con cui sono stati gestiti fino a oggi: poco aziende, molto famiglie, da parte di patron che li hanno sempre visti come tali.

Perché alla fine, i proprietari di club erano i primi a stare lì, a passeggiare sulle linee laterali, condividendo la passione espressa nel campo. E a prendersi lo stesso freddo e lo stesso fango, quelle domeniche mattina.