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La valenza magisteriale del “Mattarella bis”

Nel mio precedente articolo, “Mattarella, un amico delle Madonie, al vertice della Repubblica”, proprio sul blog di Madonielive, lungi dal pensare alla sua rielezione, argomentavo sulla maniera impropria di confrontarsi dei parlamentari, denominati per l’occasione come “grandi elettori”, chiamati ad eleggere in nuovo Capo dello Stato al posto dell’uscente Sergio Mattarella per l’appunto.

Purtroppo il parlare che si stava facendo nei mass media sulla prossima elezione era del tutto fuorviante. In assenza di partiti ideologicamente fondati e strutturati democraticamente, si trattava – sottolineavo – di un monotono discettare degno della peggiore sofistica: non di un confronto tra idee legate a una fede profonda e convinta su un quadro di valori largamente condivisi, ma piuttosto di uno stancante battibecco tra i presunti pregi e difetti di questo o quel leader politico, senza un vero appiglio alle ragioni di fondo della scelta,  con l’unico intento di soppiantare – anche contro la verità dei fatti – la tesi avversaria.

Chi si è preoccupato, per esempio, di illustrare ai cittadini le funzioni  del Presidente della Repubblica, di cui all’articolo 87 della Carta costituzionale, riguardo alle quali egli dovrebbe avere in sommo grado le qualità per adempierle con  disciplina ed onore, come prescrive l’articolo 54?

Ci voleva la rielezione di Sergio Mattarella perché se ne parlasse, dato che esse sono implicitamente, ma abbastanza chiaramente e compiutamente, rappresentate, con le responsabilità che esse assegnano, e non soltanto al capo dello stato, nel suo discorso d’investitura “sobrio, alto e impeccabile”- come lo definisce Francesco Bei su Repubblica -.

Un discorso, il suo,  che merita di essere letto e onestamente commentato in tutte le scuole d’Italia. Perché – a nostro avviso – è proprio nella trascuratezza con cui viene (non da tutti ovviamente) valorizzata l’educazione civica nella didattica la causa prima di un distacco sempre più marcato tra classe politica e società civile, da cui discendono – come sono discesi nel caso in argomento – la lotta all’interno della prima per la conquista del potere carpita senza scrupoli, nonché lo sconcerto della seconda di fronte a spettacoli da “opera dei pupi”, che disamorano gli adulti e fanno perdere ai giovani la speranza di un avvenire congruo alle loro legittime aspettative.

Quello che ci è toccato di leggere nelle posizioni contrapposte è stato, infatti, il calcolo di ciò che in una ipotesi o nell’altra potesse convenire al proprio tornaconto, senza badare affatto all’incompatibilità di certi trascorsi delle persone indicate, dall’una o dall’altra parte dello schieramento assembleare, con la carica in assegnazione, quali potevano essere conflitti di interessi ostativi all’esercizio della più alta carica della Repubblica nell’interesse generale, in politica interna come in politica estera, nonché nell’assicurare la indipendenza e l’autonomia tra i poteri dello Stato come tali configurati.

Benché lui avesse in più occasioni sottolineato la fine del suo mandato alla scadenza naturale e lo avesse fatto esternando anche la ferma convinzione sulla opportunità di evitare la rieleggibilità del capo dello stato nel nostro ordinamento istituzionale, tuttavia il suo nome continuava a circolare tra quelli dei probabili candidati. Anche se era chiaro che tra quelli che lo tiravano in ballo in vista di un presunto bene per l’Italia con la permanenza dell’attuale Presidente del Consiglio a capo del Governo, ce ne erano certamente di quelli che nascondevano, dietro questa proposta, un interesse di parte volto a ridimensionare l’influenza dell’una o dell’altra delle due personalità sui propri piani strategici.

Fortunatamente, però, il Parlamento stavolta ha rivendicato la propria preminenza sui giochi tattici dei capi politici, confermando di fatto un’idea largamente condivisa sulla presidenza di Sergio Mattarella quale modello per le generazioni future e, nell’immediato, come esempio per trovare un accordo sull’elezione del suo successore.  E salvando così anche il proprio insostituibile ruolo di rappresentante della sovranità popolare nell’esercizio del potere dello Stato.

GIUSEPPE TERREGINO

Redazione

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