“Spesso il male di vivere ho incontrato era il rivo strozzato che gorgoglia era l’incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato. Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.” E. Montale Con sapiente maestria, attraverso questi versi, E. Montale ha descritto la furia con cui tale dolore si abbatte sugli uomini spazzando via ogni forma di speranza, compassione, coraggio, e i sogni hanno solo un retrogusto amaro; la propria vita vissuta come un vero e proprio viaggiu dulurusi. Il malessere e la dolorosa condizione umana caratterizzano l’esistenza nello scorrere del tempo di tanti uomini e donne che inciampano in una vita fatta di stenti e fragilità e che si confrontano con precarietà e dolore: desideri che non possono essere soddisfatti, obiettivi che per essere raggiunti stroncano il fiato e sviliscono dalla fatica. La sofferenza dell’Uomo, questo male di vivere, ha assunto nel nostro tempo un velo scuro che annebbia menti e cuori, un fumo denso che toglie il fiato e fa lacrimare gli occhi e che fa muovere l’essere umano in una vita che non sente più sua. Spesso si ritiene che questa condizione sia un semplice abbassamento del tono dell’umore, senza invece considerare che a caratterizzarla sia un insieme di sintomi che compromettono il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa proiettandola verso gli altri e il mondo esterno. La perdita della capacità di provare piacere, gioia, affetto e stupore rappresenta il carattere principale e forse quello più visibile agli occhi altrui: potremmo definirla come la “spia sociale” di un malessere molto più diffuso di quanto crediamo. Le visioni negative del mondo, di sé e del futuro tolgono i desideri positivi, stimolano condizioni di evitamento da fatti spiacevoli apparenti, intensificano le smanie di dipendenze da alcol, droghe e gioco (diffusissime) e violenze domestiche, portano alla disperazione e suscitano la voglia di trovare una via d’uscita traumatica: colpisce senza distinzione di sesso, età e ceto sociale anche la nostra Comunità. Ecco perché in questo tempo di festa, in un momento dell’anno in cui siamo proiettati verso la gioia e la convivialità, sentiamo il bisogno di buttare un sasso nello stagno maleodorante dell’indifferenza.

Perché la nostra Comunità ha incontrato troppo spesso negli ultimi tempi il male di vivere; e lo ha incontrato, purtroppo, quando ne ha visto l’effetto, in un tempo oramai scaduto, e non riconoscendo le cause per trovare una via d’uscita e un modo o una soluzione per affrontarlo a viso aperto. A viso aperto, si, senza paura, senza vergogna e senza pudore per cercarne le radici ed eradicarne il male. C’è qualcosa di sfuggente agli occhi di molti, di tanti se non di tutti: TUTTI insieme dobbiamo imparare a riconoscere questo MALE, per donare ai castelbuonesi una serenità che non sia solo una parvenza, una felicità che sta anche nelle piccole cose e la speranza di guardare al futuro. E in questo tempo, e non c’è tempo da perdere, invitiamo le Istituzioni politiche e religiose, il mondo dell’associazionismo, della scienza medica e della scuola per aprire un dibattito, anche pubblico se necessario, per incidere come un bisturi su un organo malato togliendone il male oscuro ed espiantando la malattia che ha ferito la nostra società ancor più, statisticamente, di quanto avviene nel resto del comprensorio e del nostro Paese. Per tornare a vivere la castelbuonesità, che spesso è stato anche un nostro limite, come un vezzo e una diversità di cui andare fieri, e non come un primato di eventi che non colpiscono solo lo stretto ambito familiare e degli affetti ma il nostro stare insieme, nel suo complesso, rendendoci ancor più fragili ed inquieti. Castelbuonesità sprofondata negli abissi della disumanità agli occhi del mondo che ci guarda e giudica e che, pertanto, va difesa nell’onore e risarcita dall’offesa con costituzione di parte civile del Comune in sede penale; il prossimo Sindaco lo farà, un Sindaco del Pd avrebbe già preso questo impegno senza se e senza ma. Ecco quindi l’urgenza anche di parlarne (e non solo) e Noi la sentiamo tutta questa urgenza. Non è più il tempo di far finta, come in una favola, che tutto è bello e cuntintizza il passar del tempo e delle stagioni nel piccolo mondo antico quale riteniamo, sbagliando, sia rimasto il nostro borgo. E’ festa, si, ed è il tempo di allegria, di malinconia e di pandemia dove i bisogni si accentuano e la solitudine diventa più struggente oltre la virtualità che, spesso, soppianta la vita reale. E’ festa, si, ma è il tempo della responsabilità verso il prossimo per limitare la diffusione del virus. E’ festa, si, ma è il tempo di un lutto comunitario per l’offesa disumana verso le fragilità. E’ festa, si, ed in ogni caso è il tempo dei Nostri auguri per le imminenti festività e per il 2022. Passata la festa, ed è il nostro auspicio, sarà il tempo di capire cosa fare INSIEME per non incontrare MAI più il male di vivere e la disumanità. Noi siamo pronti, da tempo.

Circolo PD di Castelbuono