Attualità

Focus Sicilia, Analisi Studio Temporary Manager

In quale provincia siciliana le aziende soffrono maggiormente? Enna (47%) in primis, seguita da Palermo (45%), Caltanisetta (44%), Agrigento (43%), Siracusa (42%), Messina (41%), Trapani e Ragusa (entrambe al 40%) e Catania (37%).
A metà novembre è entrato in vigore l’istituto della “Composizione negoziata della crisi”, uno strumento importante per aiutare le imprese in difficoltà. Qual è la fotografia del tessuto imprenditoriale siciliano? Dall’Osservatorio di Studio Temporary Manager S.p.A., società specializzata nei servizi di temporary management, che ha elaborato i bilanci del 2020 depositati presso la Camera di Commercio di oltre 1.800 imprese siciliane[1] con fatturato tra i 5 e i 50 milioni di euro, ben il 41% presenta un rating a rischio. Si tratta di un dato peggiore rispetto alla media nazionale e che pone la regione al 3° posto per valore percentuale. Ma la fotografia reale delle imprese post pandemia si vedrà solo alla fine del definitivo sblocco dei licenziamenti e quando termineranno le moratorie garantite dallo Stato (31 dicembre 2021).
Se ci si sposta poi a livello provinciale, tutti i territori continuano a mostrare segnali di sofferenza ma con valori variabili.
“I dati della Banca d’Italia indicano che dal 2019 sono saliti del 40% i finanziamenti bancari alle imprese con un significativo aumento del rischio di credito – ha dichiarato Alberto Cerini, Responsabile “Corporate Turnaround & Restructuring” di Studio Temporary Manager – La nostra analisi conferma che nei bilanci ad oggi depositati relativi all’esercizio 2020 sono presenti evidenti segnali di criticità; la fine del divieto dei licenziamenti e l’imminente conclusione delle moratorie rivelerà il vero stato di salute delle imprese italiane, che ad oggi però è stato mantenuto sostanzialmente invariato rispetto ad un anno fa circa grazie proprio alle predette misure di sostegno, che si sono quindi dimostrate efficaci.”
Le imprese potranno ora affrontare le sfide future del 2022 ed uscire da eventuali situazioni di crisi, sia beneficiando della ritrovata ripresa economica italiana e internazionale, ma anche utilizzando il nuovo strumento della “composizione negoziata della crisi” introdotto dal Decreto Legge 118/2021 e del Decreto Dirigenziale del Ministero della Giustizia del 24/9/2021.
In cosa consiste lo strumento della composizione negoziata della crisi? Le aziende potranno accedere, su base volontaria, a un percorso di negoziazione che potrà sfociare anche in soluzioni puramente stragiudiziali e dove tutte le parti, debitore e creditori quindi, hanno il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito.
Un passaggio molto importante della nuova composizione negoziata è poi, oltre alla figura di un esperto indipendente con compiti di mediatore tra creditori e debitore, la possibilità di prevedere la figura di un CRO, Chief Restructuring Officer, ovvero un temporary manager esperto di crisi d’impresa.
Il CRO è responsabile del processo di risanamento in fase di esecuzione con il ruolo di monitorare l’attuazione del piano di risanamento ed il rispetto degli accordi raggiunti. Il temporary manager incaricato avrà dunque un ruolo estremamente delicato di discontinuità rispetto al passato e di garanzia dell’implementazione del risanamento, a vantaggio dell’impresa e dei suoi creditori. Il CRO dovrà avere competenze manageriali e di settore, ma anche di restructuring finanziario e legali per essere un efficace e credibile interlocutore di tutte le controparti della negoziazione. Non da ultimo, il CRO dovrà essere indipendente da tutte le parti coinvolte.

redazione

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