Il film uscito di recente nelle sale “il bambino nascosto” tratto dal libro di Roberto Andò è una interpretazione riuscitissima dove si incontrano perfettamente le emozioni che dona un libro e l’immaginazione, con la visione  e interpretazione al teatro-cinema.

Siamo a Napoli, in un quartiere difficile, la storia si ambienta tra i muri di un palazzo antico, dove le regole della camorra non lasciano scampo a nessuno.

Santoro Gabriele è un professore di mezza età del conservatorio, conduce una vita solitaria e abitudinaria, un po’ per scelta un po’ per gli eventi della sua vita.

Una mattina la sua quotidianità, viene sconvolta, si intrufola in casa un bambino Ciro, abita al piano di sotto e senza indugio chiede aiuto, sta scappando da qualcuno, da qualcosa di più grande di lui.

Il professore colpito da questa inattesa presenza nella sua vita al di là di ogni buon senso accetterà di nascondere il bimbo, contravvenendo a ciò che di giusto c’era da fare consegnare il bambino alla famiglia, ma gli occhi di Ciro parlano più delle parole, cosi decide di nascondere il bimbo sottoponendosi ad un rischio altrissimo per se e la sua carriera.

Si intrecceranno i sentimenti con la legge della vita, spesso spietata .

Ci sono momenti  di grande tenerezza e umanità, quella che spesso teniamo nel cassetto impauriti delle nostre fragilità, anche l’alito cattivo dei quartieri malfamati di Napoli finiscono per sembrarci meno pesanti .

Molti i colpi di scena, questo sgretolarsi della figura del professore tutto d’un pezzo, un uomo che legge kovafis e si ricorda quotidianamente  dell’importanza delle esperienze, del viaggio della vita, del non essere prigionieri di idee precostituite, le scelte si pagano e lui le pagherà tutte.

 “Non avere paura dei tuoi desideri”, imparerà, il maestro di musica a sue spese che seguire la legge del cuore non ha prezzo è che sebbene scegliere sia spesso difficile, bisogna sapersi opporre a ciò che non riteniamo giusto al di là delle convenienze imposte da quel senso apparente di giusto.

Tanto nel film, quanto nel libro comanda la “pancia”che cattura la mente in spazi di riflessione molto profondi.

Fanno da sottofondo in una realtà difficile e violenta la musica, che consola e la poesia che resiste anche nei posti più abberanti, è come una carezza a cui anche il più burbero non si sottrae.

Nei vagoni di questa vita descritta nel quartiere di Napoli violento, la cultura trova spazio come finestra che si apre e consola, sguardi, sorrisi, silenzi tra un adulto che ha condotto la sua vita in solitudine e carica di segreti, vedi il nascondere la propria omosessualità e la vita spavalda e verace di Ciro, si incontreranno due mondi nella logica più grande, l’amore non conosce padroni, se non quello del cuore.

Tante le citazioni tanto nel libro quanto nel film, “non affrettare il viaggio, vivi di esperienze, vivi sottraendo i giorni ai guardiani del tempo”prova a dargli senso, aggiungeremmo noi.

Continuo è lo scontro tra il bene ed il male, tra ciò che è giusto e ciò che non lo è.

È un film, dove vince l’abbraccio che non conosce vincoli di sangue, è un film che solo chi sente il solletico forte della libertà della vita può apprezzare veramente.

Splendida l’interpretazione di Silvio Orlando e del piccolo Giuseppe Pirozzi.