Qual è la vera ragione che rende il “viaggio” speciale? Questa è una domanda che, prima o poi, tutti quanti nella vita ci siamo posti e, a mio avviso – ovviamente parlo da appassionato e da cultore di poesia e di prosa – la risposta risiede nel segreto del potere rievocativo che un racconto, una poesia, un aforisma, una foto o una semplice cartolina è capace di possedere: una forza inspiegabile che è poesia, lirica…e, al contempo, amore.
Ed è proprio la loro condivisione che renderà il viaggiare un’esperienza unica, straordinaria e in grado di suscitare le stesse sensazioni provate da poeti, romanzieri, antropologi, letterati e naturalisti, i quali, durante le loro avventure, sono riusciti a immortalare per sempre le proprie emozioni.
All’uopo, spontanea sorge un’altra domanda: “ é possibile innamorarsi a prima vista di un luogo come di una persona?”
Beh… c’è un solo modo per scoprirlo; se siete in Sicilia e vi trovate nei pressi delle Madonie, vi invito ad impostare le coordinate del vostro GPS su Sclafani Bagni e a raggiungere quello che di certo è uno dei tesori più preziosi, nobili, ammalianti, e antichi dell’immenso ed inestimabile scrigno geo-culturale chiamato Sicilia.
A dispetto del nome, per i motivi che tra poco scoprirete, non è adagiato lungo il litorale ma, al contrario, si trova morbidamente e felicemente collocato ad oltre 800 metri di altezza sul livello del mare.
La prima emozione si ha provenendo dallo svincolo autostradale di Scillato, infatti man mano ci si avvicina a questo piccolo borgo che sembra quasi essere stato messo dalla mano dell’Onnipotente su di un maestoso crinale roccioso che domina il territorio circostante, è impossibile non accorgersi quanto la sua morfologia ricordi il volto austero di un uomo, o meglio, di un gigante che sembra quasi vigilare sulle Madonie da un lato, e, sulla Valle di Imera, il bosco di Favara e quello di Granza, dall’altro.
Agli appassionati paesaggisti, automobilisti e centauri, per raggiungerlo, consiglio invece vivamente di farlo percorrendo la S.S 120, un tragitto che, almeno una volta l’anno, diventa circuito automobilistico; infatti è proprio sopra questi asfalti che si svolge la celeberrima ed immortale Targa Florio. Durante questi 22 km di curve, semicurve, rettilinei (veramente pochi e brevi per la verità) e tornanti, facendo delle soste e deviazioni tecniche mirate, avrete la possibilità di potere ammirare l’area boschiva di Favara, la travolgente bellezza del lago di Bomes, lo sterminato uliveto che accompagna gran parte del percorso stradale e, alla sinistra, la maestosità e l’opulenza delle prime Madonie.
Adesso provate ad immaginare per un solo attimo un paese di sole 403 anime (il più piccolo della provincia di Palermo) che è nato, si è sviluppato e si è integrato, quasi con un processo di spontanea ed artistica osmosi, all’interno della cinta muraria di un castello medievale che impera quasi a 900 metri di altezza e che, come unici compagni, ha un cielo meraviglioso ricamato da bellissime nuvole che sembran quasi potersi toccar con mano, e la meravigliosa vallata sottostante, da cui è possibile ammirare un panorama mozzafiato, con una visuale libera a 360 gradi.
Che dire, una sorta di “terrazza naturale” da cui è possibile vedere ed ammirare i particolari geofisici più importanti, non solo del territorio circostante, ma di quasi tutte le province siciliane.
Provate per un attimo a immaginarvi tra i resti del castello, da sempre aperto e fruibile, vi basterà volgere lo sguardo verso sud-ovest per ammirare Rocca Busandra, man mano sposterete la visuale verso nord-ovest vedrete ergersi alle spalle del Bosco di Bomes (sicuramente il principale polmone verde del territorio sclafanese) il Monte Eurako (San Calogero). Adesso procedete con questa roteazione virtuale verso nord, ecco…il Mar Tirreno e il golfo di Termini Imerese, e, a nord-est (verso l’immortale Cefalù per intenderci), seppur in lontananza, sarà possibile per voi scrutare l’arcipelago delle isole Eolie. Non è finita qui, c’è una cosa che vi toglierà il respiro, sto parlando di un gigante che si trova a circa 170 km di distanza aerea, che, da lontano, pare quasi volere indicare l’estremo confine orientale del mondo finito, con tutta la sua “colossale effige” (oltre 3.300 metri d’altezza sul livello del mare) dominando su tutto il creato vivente che occhio umano sia in grado di scrutare; ovviamente mi riferisco all’Etna, il più alto vulcano attivo d’Europa. Questa mattina sono stati sufficienti delle vecchie foto e un paio di cartoline ancora impolverate, in perenne giacenza sul disordine della mia scrivania, per mettere in moto la mia macchina dei ricordi che mi ha portato a ritroso nel passato, ovvero ai miei primi tredici anni vissuti felicemente ed in armonia in quest’oasi di pace, di arte, di cultura, di natura e di storia, ma, nelle more di quanto sta accadendo, questa volta sono accompagnato da una conoscenza e da una consapevolezza che agiatamente mi hanno permesso di dar comoda risposta a tante domande riguardo ad aspetti che da piccolo mi apparivano come mere coincidenze, ma adesso come scelte meditate, ponderate e volute dall’ingegno umano. Ma, a tal proposito, poco cambia, perché e per tutte le uniche caratteristiche prima citate e spiegate, e per il fascino che tutto ciò destava a me bimbo, comprenderete bene il motivo per cui quest’eremo circondato dalla natura incontaminata rappresentasse per me il centro dell’universo intero.
Mi riferisco alla presenza di siti archeologici nella vallata sottostante che testimoniano quanto questo territorio, grazie alla vicinanza ad un importante corso fluviale, pullulasse di numerosi insediamenti risalenti a momenti storici ben più antichi di quelli della vicina area archeologica di Himera e che si perdono nella notte dei tempi.
O a proposito della difficoltà del dare certa datazione e origine etimologica al paese e al suo nome, comprendo con semplicità perché questo sito fosse stato fortemente voluto e abitato da Fenici, Greci, Punici, Romani, Arabi, Bizantini e Normanni e, soprattutto, perché avessero fatto di questo promontorio, importante luogo strategico e militare e, di conseguenza, anche la fortuna dello stesso e dei suoi abitanti.
Pensate che già alla fine del 1.100 d.C. il feudo di Sclafani aveva un territorio di circa 70.000 ettari quadrati, di certo uno dei primi quattro di tutta la Sicilia feudale. Con il passare dei secoli verrà smembrato, ceduto e venduto per ridursi agli attuali 15.000 ettari quadrati che nonostante tutto non sono poi così pochi, visto che confina con i comuni di Vallelunga (sito in provincia di Caltanissetta e da cui dista circa 18 km), di Caccamo (altro importante comune dell’area metropolitana di Palermo, da cui dista 50 km) e di Castronovo di Sicilia (ultimo paese della provincia di Palermo, infatti, dopo appena 4 km, ci sono i comuni di San Giovanni Gemini e di Cammarata, i primi della provincia di Agrigento e da cui dista 70 km). Ma ciò che per me ha destato da sempre grande fascino ed orgoglio è il sapere che nei demani della mia piccola Sclafani, ancor prima dei tempi in cui la Siracusa immortale era più potente della stessa Atene, Sicani, Greci e poi Romani avessero incrociato spade e scudi contro i Punici, o, ancor di più che le alabarde normanne avessero avuto la meglio contro le sciabole dei Saraceni. Vista la vicinanza con Palermo, allora capitale del Sacro Romano Impero, nulla di più strano che Ruggero, prima, e Federico II di Svevia, altresì noto come Stupor Mundi, dopo, si fossero recati spesso in visita a Sclafani appositamente per la presenza, tra l’atro, di un’importante area boschiva, oltre che per la loro indubbia passione per la caccia e i falchi.
Riguardo all’etimologia del nome, brevemente va detto che essa è stata anche ricondotta ad un ipotetico Aesculapii Fanum (tempio di Esculapio, a mio avviso l’ipotesi più accreditata perché rafforzata dalla presenza, a valle del paese, di una fonte di acqua sulfurea, del tipo iodio-bromica, la quale anche nei tempi più recenti veniva utilizzata per la cura di tante patologie prevalentemente dermatologiche di uomini ma anche di animali); invece il suo nome arabo fu ‘Isqlafinah o Sqlafiah.
Quel che invece non è controverso, ma sicuro, è che il primo riferimento certo di Sclafani risale alla “Cronaca di Cambridge”, nella quale si cita un episodio del 938 d.C nel quale, in un contesto di lotte fra varie fazioni musulmane per il controllo della Sicilia, Halil (uno dei signori della guerra), chiese ed ottenne rinforzi dall’Africa, riuscendo in tal modo a conquistare le rocche di Caltavuturo, di Collesano, ma non quella di Sclafani che, al contrario, rimase inespugnata nonostante un assedio durato sei anni.
A questo punto avrete ben capito che vi sto raccontando di una vera e propria pietra miliare della Sicilia, immersa nella natura e per secoli baciata da storia, arte, cultura e che, con il suo paesaggio, incantò anche Escher, forse perché l’artista nello stesso aveva trovato il suo tanto anelato “infinito”; egli si innamorò così tanto della piccola Sclafani, da tributare, in omaggio alla sua bellezza e al suo immortale retaggio, una delle sue preziosissime ed inestimabili incisioni su legno. Ma anche lo stesso Wagner il quale, nel periodo in cui fu ospite a Palermo, presso la tenuta del Conte Tasca d’Almerita, si recò in visita ai già rinomati vigneti del Conte in contrada Regaleali e rimase folgorato da tanto visibilio; mi piace pensare che tanta estasi ispirò al poliedrico compositore, poeta, librettista e regista teatrale, una qualche composizione, magari un’opera o una qualche poesia.
In quello che ho già scritto, ho già anticipato, seppur in modo indiziario, il motivo che spiega l’appellativo “Bagni”, aggiunto con legge regionale n. 60 del’53; il legislatore di allora, visti la presenza a valle del paese di una sorgente naturale di acqua sulfurea calda e i diversi tentativi nei secoli del suo sfruttamento termale, ben pensò di modificare così il nome al piccolo borgo madonita che, fino al quel momento, era noto solo come Sclafani. Nonostante lo stabilimento termale sia da tempo in disuso, non dimenticate di portare con voi il costume da bagno e gli appositi asciugamani; non troverete un resort attrezzato di piscine, SPA e campi da tennis, aperto e pronto ad accogliervi, ma potrete assaporare l’esperienza unica di crogiolarvi e ristorarvi, anche in inverno, come non vi è mai capitato prima in vita vostra, godendovi un salubre bagno direttamente in una vasca di raccolta, dove l’acqua, in maniera spontanea, giunge e sgorga direttamente dalla sorgente alla temperatura di 37 gradi centigradi.
Non distraetevi e continuate a seguirmi per le strette vie, del paese dove solo poco più del 20% di esse è rotabile, nelle quali ci si muove piacevolmente a piedi e in cui, fino a 25 anni fa, era cosa per nulla insolita vedere per la strada contadini e allevatori a cavallo di giumente e muli, mentre si recavano nelle vicine campagne, per iniziare la dura giornata lavorativa.
Percorrendole sentirete proprio il profumo di antico, della storia, di un tutto… in cui ogni pietra, sasso o mattone, non sembrano trovarsi lì per caso ma, al contrario, contribuiscono a rendere ancora più magica ed unica la coreografia urbana armonicamente integrata con le mura di cinta, con i resti del castello e con i maestosi archi che un tempo ospitavano i portoni posti a difesa delle uniche due vie d’ingresso del paese.
Da piccolo mi dava proprio l’idea di essere una grande casa comune di cui conoscevo praticamente tutto, per capire cosa accadesse fuori non mi occorreva uscire perché le voci, i suoni e i rumori erano così ben conservati nella mia mente, che anche dai passi di coloro che percorrevano la via davanti casa mia, mi lasciavano ben intendere di chi si trattasse. Giuro che non scherzo… Tanto per farvi un esempio a sostegno di quanto asserisco, vi dico che in quei tempi tutte le mattine alle 5.45 esatte, ero svegliato dagli inconfondibili passi concitati di mio cugino Mario, mentre, in ritardo come al solito, ingaggiava una corsa contro il tempo, per raggiungere la corriera che sostava di solito a circa un chilometro da casa, e che lo avrebbe portato a scuola a Cefalù. Oggi Mario è un bravissimo, gentile e preparato agente della polizia locale di Sclafani Bagni, di certo non corre più come allora, ma, per ragioni di servizio, seppur con passo normale, ancora macina davvero tanti chilometri ogni giorno all’interno del paese.
Potrei continuare all’infinito, ma per economia di tempi e di spazio non mi è possibile e soprattutto non voglio togliervi il gusto di scoprire Sclafani Bagni e tutte le sue meraviglie da soli.
Forse adesso non troverete più pecore, capre, mucche e galline per le sue vie e nemmeno i cari fratelli Castellana che, tutte le sere, porta a porta, consegnavano dell’ottimo latte munto poco prima, ma di certo, se non vi risparmierete a visitare il paese, all’interno dello stesso troverete anche degli orti, e se per caso la sera vi sarete dimenticati di comprare le uova o qualcos’altro e i negozi sono già chiusi, non temete, vi basterà mettere la testa fuori dalla porta e chiedere alla vicina, per risolvere il problema.
Di contro, è altrettanto vero che se siete anche dei gaudenti e golosi buongustai, dovrete fare un pit-stop tecnico presso la Terrazza Costantino, ristorante presente presso la guida Michelin e che ha fatto della sua cucina un superbo adattamento tra piatti tradizionale e nouvelle cousine, dando naturalmente prevalenza alle impareggiabili materie prime del territorio Sclafanese, il tutto in una location unica con vista su di un panorama e, alla sera, su tramonti che non hanno eguali.
Inoltre se il giorno da voi prescelto dovesse coincidere con l’ultima domenica di giugno, importantissima data per gli Sclafanesi e non solo per via dei festeggiamenti del S.S. Ecce Homo, allora vi assicuro avrete modo di assistere ad una delle processioni più suggestive del mondo, e, perché no…, di dilettarvi anche con il concerto serale magistralmente eseguito da un corpo bandistico tanto piccolo quanto talentuoso.
Quindi, cosa aspettate? Visitate Sclafani Bagni e il suo unico territorio, su cui da un decennio insiste anche un sentiero geologico di grande importanza, per scoprire un borgo che merita di essere fruito e goduto fino alla consunzione, per comprendere che in questo matto mondo ci sono ancora luoghi in cui i propri abitanti vivono in armonia, solidarietà, pace, dove il buongiorno va dato anche a cani e gatti e dove vi sentirete a casa vostra pur essendo in visita o in vacanza. Un paese che oggi come allora, seppur guardandolo solo in cartolina, mi ruba ancora il respiro.
Omaggio a Sclafani Bagni
L’ origini tua è antica
quantu la terra
e Diodoru cantau
di Agatocle a guerra!
‘Ncapu nu pizzu di muntagna
fusti edificatu
e di Madonii domini lu passu
e lu gluriusu passatu.
Pi’ li strateghi romani
era un postu senza eguali,
picchì di ddà ‘ncapu Himera
avianu sarvaguardari!
Era chistu
lu postu ideali
forti, massicciu,
adattu pi’ li Reali.
Vintulatu, assulicatu,
autu e strittu,
eri u postu giustu
pi’ commerciu e profittu
di Baruni, Conti,
Confraternite e Santi;
ti temevanu puru
pirati e brianti.
La Sicilia fu duminata,
ma tu fusti fortunata,
onorata, rispettata,
poi da Contea… sminnittata.
In tanti feudi ti spartieru,
ma tu caru paiseddu
sii sempri ‘dda…
fieru e superbu.
L’infanzia mia
ni tia passaiu
e di ‘ddi mumenti
mai mi scurdaiu.
Li strati, i Porti
e lu Casteddu,
l’amici, a scuola
e u cunvinteddu.
Lasuna si chiamava,
unni di carusi si iucava.
E a propositu di iucata
nun mi scordu da Valata.
Di lu Belvederi a la Rantaria,
di lu Casteddu finu a Sagristia,
di la Porta Soprana
a chidda Sottana,
u’ ‘nn’ avia importanza,
picchì pi tutti i picciriddi
tu eri mugghi
di na megnieficenza.
Eri nicu e fortunatu
e dai mura fortificatu.
E siddu si scinni a valli,
mi ricordu di li termi,
unni l’acqua sulfurusa
cu abbunnanza sula acchiana
ca ‘un avi bisognu
mancu di na funtana.
Acqua miraculusa
unica e supraffina
a Sclafani Bagni scurri
di la sira a la matina.
Tu sii ancora ddà,
supra du puntaluni,
un bar, na putia, un furnu,
na farmacia, un parrinu e nu dutturi.
Ma di nicu eru accussì filici,
ca pi mia i to fimmini
erano lì miegghiu
ca lu munnu fici.
Avia tuttu
e nun mi mancava nenti,
Sclafani Bagni
sii sempri ‘ntà me menti
Ogni jornu
ti viu ‘ncapu du pizzu,
di luntanu pari
quasi nu marvizzu,
ca supra na petra
è pusatu,
nicu, stancu
e arrancuratu.
Ma ogni vota
ca pigghiu a to’ fotografia,
comu s’annichilisci
la vista mia!
E puru si mi ricordi
un vecchiu stancu e affaticatu,
paisi miu, mi lassi sempri,
sempri, sempri… senza ciatu.
Antonello di Carlo
Foto di Suor Maria Lucia Siragusa