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Mamma, Papà, lo cambiamo il PiCcì?

Chi di noi, sentendoci fare oggi questa domanda da uno dei nostri figli ultratecnologici penserebbe mai al più grande partito di massa del XX secolo? Eppure l’enfasi (postuma), la retorica, la nostalgia, il rimpianto, il sentimentalismo sono i principali ingredienti di questi giorni in cui ricorrono i 100 anni dalla nascita del Partito Comunista Italiano (PCI, il partito politico). E una valanga di parole melense o decontestualizzate, presuntuose o a volte persino patetiche riempiono le terze pagine dei quotidiani e le copertine di quei blog le cui redazioni sono formate da chi, probabilmente, neppure era nato il il 12 ottobre 1989, quando Achille Occhetto fece togliere la parola “comunista” dal nome del Partito.

Eppure il più grande rispetto per chi non c’è più si dimostra con la sacralità del silenzio. O al più con le parole della Poesia, ma questa è un’altra storia, forse neppure più attuale.

Il nostro Movimento è figlio di questi tempi, anch’esso “orfano” di un fare politica che il Partito Socialista prima e poi quello Comunista avevano fatto bibbia del proprio operato, dalla fine dell’800 fino all’ultimo decennio del secolo scorso. Quando Sergio Staino dice in un’intervista “Il Pci con le sue sezioni, e la sua presenza nel territorio, ha costruito una generazione di italiani colti e preparati. Li ha educati a leggere a imparare. Dove vado adesso? Dove vado?”, non sta parlando solo del Partito Comunista, sta parlando di una “civiltà politica”, incarnata da diversi partiti del secolo scorso, che si è disintegrata sotto i colpi di una globalizzazione che ha spazzato via le speranze degli ultimi, i diritti dei meno, le opportunità dei nessuno in nome di un liberismo/liberalismo ormai moribondo.

Nel nostro Movimento ci sono diverse personalità che hanno amato e sostenuto la storia del PC, le sue trasformazioni, amnesie, vittorie, battaglie e ferite, e se oggi per “fare Politica” devono costruire ogni giorno una loro casa, piccola, sgangherata ma sempre accogliente, è soprattutto perché l’ultimo figlio di quella secolare storia non riesce più ad ascoltarle.

E come alla sua nascita il PCI non si accorse (o non volle accorgersi) della aberrante cavalcata del nazionalismo fascista, anche noi, oggi, vaghiamo miopi nel movimentismo, nei partitucoli guidati da “ex” (ex governatori regionali, ex comici televisivi, ex imprenditori, ex magistrati…), senza vedere che il pianeta grida “aiuto!” ogni giorno, che enormi numeri di persone (ma ne basterebbe anche una) gridano “aiuto!”, che giganteschi capitali crescono nelle mani di pochissimi sordi a qualunque richiesta di aiuto.

Si stava meglio quando si stava peggio? Ma no, si starebbe meglio se non si avesse paura delle Rivoluzioni.

Democratici per Castelbuono

redazione

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