Sono quattro musicisti palermitani al servizio delle emozioni sguinzagliate dalle note, sostenuti dai Corpi Europei di Solidarietà
«Una musica può fare cantare, cambiare, salvarti sull’orlo del precipizio»: così cantava Max Gazzè nel 1999, senza immaginare che il titolo di quel singolo – Una musica può fare, appunto – più di vent’anni dopo sarebbe diventato il nome di un gruppo di volontari palermitani sostenuti dai Corpi Europei di Solidarietà. Lo spirito di Una musica può fare sta proprio nelle possibilità che la musica offre come strumento di comunicazione, di terapia e di conoscenza.
Formato dai musicisti Angelo Ganazzoli, Francesco Ilarda, Gabriele Lombardo e Giorgia Rampulla, il progetto è partito il 30 settembre. I ragazzi sino ad ora si sono esibiti con il pubblico dell’associazione «Volta la carta» (30 ottobre), con i partecipanti al laboratorio dell’associazione «Rock10elode» Nonno, scrivi una canzone, in streaming al Centro Tau. Il 3 dicembre, Una musica può fare è stato presentato durante la prima riunione di Solidarity Lab, l’osservatorio sui progetti dei corpi europei di solidarietà.
«L’idea – raccontano Angelo Ganazzoli e Giorgia Rampulla, tra gli ideatori del progetto – ci è venuta dopo un concerto realizzato lo scorso Natale con l’associazione Rock10elode, al carcere minorile Malaspina, in cui abbiamo suonato per i giovani detenuti. La cosa che ci ha colpito, e che ci ha spinto a presentare il progetto, è stata la loro profonda gratitudine. Ci hanno salutato come se fosse possibile rivederci il giorno dopo. Ma non era così, perché loro erano detenuti e noi eravamo liberi e saremmo tornati alle nostre rispettive vite. Loro erano cittadini quasi senza cittadinanza, che però si erano sentiti parte di una collettivitàpiùampia collegandosi a noi “liberi” attraverso la musica. Così abbiamo deciso di presentare un progetto di solidarietà in cui quest’accezione fosse intesa come l’essere solidali con una parte delle nostre vite di cui di solito ci si dimentica: carceri, ospedali, centri sociali, punti accoglienza o case di riposo. L’obiettivo centrale è questo: dimostrare cosa può fare la musica, quali mondi può schiudere e quali emozioni può svelare. Soprattutto in un periodo in cui siamo lontani, e abbiamo un’immensa voglia di stare tutti più vicini: la musica può fare anche questo».
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