Carissimi bambini,
in questi giorni di festa vi ho tanto ricordato. A causa di un virus molto cattivo è cambiato il nostro modo di stare insieme, di giocare e di divertirci. Rispetto agli anni passati ci siamo sentiti tutti un poco più soli. Anche per voi non sono mancate le rinunce.
Voi siete molto bravi nell’intuire subito e nel comprendere anche a distanza dove c’è la sofferenza. Con i vostri occhi inondate di luce le gallerie più buie del cammino della vita permettendoci di andare avanti, di camminare. Riuscite a mettere in prigione i ladri della gioia.
Voi siete un dono, bello e prezioso, non solo per mamma e papà; per il fratellino e la sorellina; gli insegnanti e i compagni. Lo siete anche per la Chiesa. Per il vostro Vescovo Giuseppe. Lo siete per le vostre parrocchie. Per ogni comunità. Per il mondo intero.
Domani celebreremo la festa dell’Epifania del Signore. Ricorderemo una visita solenne: quella dei Magi a Gesù. Gli hanno portato, affidandosi alla luce della stella, doni custoditi in scrigni: oro, incenso e mirra. Hanno per noi un significato simbolico. L’oro per ricordarci la regalità del Bambino nato. L’incenso per ricordarci la Sua divinità. La mirra per ricordarci della sofferenza di Gesù.
Cari bambini,
stanotte vorrei anch’io come i Magi, mettermi in viaggio. Entrare in ogni vostra casa. In punta di piedi per donarvi una pagliuzza d’oro, un chicco d’incenso e un grano di mirra. Ad ogni dono corrisponde un significato riportato in un breve pensiero. Accanto alla pagliuzza d’oro è scritto: «Nella tua vita cerca il silenzio. Il silenzio è d’oro. Ogni tua scelta sia illuminata dalla stella del silenzio: ti porterà all’amore e al perdono». Per il chicco d’incenso: «Ricordati sempre che c’è un Creatore. Tu sei una sua creatura». Accanto al grano di mirra: «Ogni sofferenza ha una fine e mentre è seppellita porta il profumo di una nuova vita».
Mio padre era solito raccontarmi delle storie per farmi addormentare. Ricordo bene che papà non riusciva mai ad arrivare alla fine di un racconto. Stanco per il peso del lavoro di un’intera giornata, ad un certo punto del racconto chiudeva i suoi occhi e sussurrava “cammina, cammina…” e si addormentava. Così, i Magi, dopo avere dato i doni a Gesù, nel racconto di mio papà continuavano a camminare, a camminare. Tutto finiva lì. Io provavo a svegliarlo: “papà, ma quando arrivano?” Volevo sapere dove arrivavano. Ma il sonno lo aveva assorbito.
Oggi scorgo in quel sonno che colpiva papà il potente spartiacque tra il tempo dell’infanzia e il tempo dell’età adulta. Il primo mi apparteneva; era mio, con l’innato bisogno di sapere, con la voglia matta di chiedere, di scoprire. Il secondo era di papà: l’educatore che saggiamente si addormentava. Sapeva bene che le crescite precoci non vanno mai bene e che ad alcune domande le risposte saranno date dal tempo, dal nostro essere uomini e creature che si ritroveranno a guardare senza mascherine anche la sofferenza e il dolore. Io restavo un bambino; papà era l’adulto.
Il racconto dei Magi ci insegna che i doni si offrono senza pretendere nulla in cambio. Si offrono prostrandosi, come per dire all’altro “tu sei un dono”. Proprio come hanno fatto i Magi. Impariamo da loro.
Cari bambini,
nella mia preghiera continuerete ad avere il primo posto. Concludo dicendovi “grazie” perché voi siete il più bel dono di Gesù per me. «Buona festa dell’Epifania».
✠ Giuseppe Marciante
Vescovo di Cefalù