Società

Nella pancia della balena, la solitudine che guarisce…

Esiste un posto che si chiama casa, dove tutti o quasi tutti desideriamo tornare o stare, sebbene la vita possa averci spinto altrove, come nella splendida metafora di Odisseo che trascorre la maggior parte della sua vita, peregrinando per i mari, spinto dalla sua incredibile sete di conoscenza, per poi alla fine avere un unico grande desiderio, tornare a casa, Itaca. Itaca casa, non è solo un luogo fisico, ma il mondo in cui si è forgiato la personalità, la rete degli affetti e delle emozioni, il senso della sua stessa esistenza. Ma cos’è casa? Non sempre è facile poterla definire, un luogo fisico fatto non solo di pareti, oggetti a noi cari cumulati nel tempo, libri, coperte, cianfrusaglie ed altro ancora, casa è l’essenza stessa del nostro essere ciò di più caro che noi possediamo , casa è un rifugio, è non è detto che sia fatto di pietre, o pareti, casa può essere una persona, qualcuno a noi tanto caro che ci fa stare bene, un’idea, un sogno, un desiderio. Qualche volta la vita ci allontana volutamente da casa e senza rendercene conto, come accade per Geppetto e Pinocchio si viene inghiottiti nel ventre della balena, un luogo gigante, oscuro dove si confonde facilmente il giorno dalla notte, il tempo si dilata e si restringe, un luogo freddo, che incute paura, smarrimento.

Geppetto trova conforto in piccole cose che li’ ritrova, mozziconi di candele, provviste di cibo, le foto, un libro, i relitti di una nave inghiottiti dalla balena e di questi oggetti ne fa tesoro, lo aiutano a sopravvivere e sopportare la solitudine, la lontananza da casa. L’equilibrio psichico resiste grazie a piccoli stratagemmi, in questo la mente umana quando vuole sa essere straordinaria, trasforma anche la nostalgia in un’incredibile risorsa. Lo stesso può accadere a noi, tutte le volte, che la vita ci inghiotte in qualcosa di più grande , ognuno dentro la pancia della balena, nonostante il freddo, la paura, lo sconforto, proviamo a resistere a riflettere sulle scelte che possono averci indotto in errore, a fare scelte sbagliate, perchè ci siamo persi? Perchè abbiamo lasciato che la balena ci inghiottisse nella sua pancia, poi scopriamo che questo tempo trascorso dentro il mondo della riflessione, della nostalgia, è un tempo di trasformazione e di crescita, ogni uomo che ha conosciuto la sofferenza e la solitudine alla fine è diventato un uomo migliore. Spesso ci specchiamo negli specchi senza mai riconoscerci realmente, ecco perchè gli inciampi, le sconfitte servono, ci aiutano a reimparare a guardare noi stessi e a migliorare l’incontro con l’altro.

La gente, si legge in un bellissimo libro “l’eleganza del riccio” ,crede spesso di inseguire le stelle e finisce senza rendersene conto come un pesce dentro una boccia, per le stupide scelte che ha fatto. Costretti nel buio della vita, la solitudine mette in moto l’immaginazione e la salvezza molto spesso, qualche volta invece diventa una trappola infernale. Nel buio della solitudine spesso emergono voci scomposte che graffiano come unghia sulla lavagna. Nel ventre della balena tutto è concesso anche urlare, nessuno ci sentirà mai abbastanza, l’urlo ci aiuterà a comprendere meglio il senso dei nostri dolori, a pesarne la forza, il frastuono non aiuta, o soffoca o confonde, ecco perchè il silenzio serve sempre, salva, e in alcuni silenzi solo noi sentiamo le nostre urla. Nella bibbia si legge la storia di Giona, questi viene inghiottito nel ventre della balena e solo dopo giorni di preghiera , per ordine divino, il pesce vomita Giona sulla spiaggia restituendogli la libertà, Giona imparerà a comprendere e sentire il sapore della libertà, quella libertà che prima possedeva, ma di cui non sentiva la forza, esserne privati la fa assaporare, quando la ritroviamo. Il tempo trascorso nel ventre della balena è un tempo metaforico di riflessione , di crescita, di trasformazione.

La letteratura è piena di esempi di storie di personaggi finiti nel ventre della balena e che dopo un periodo riescono grazie all’astuzia, la preghiera a venire fuori a ritrovare se stessi e tornare a casa, a sapersi “abitare” meglio. In questo periodo, un po’ tutti forse è come se fossimo dentro la pancia della balena, sempre molto più soli. L’assenza della libertà, l’assenza di molte cose deve essere per noi motivo per apprezzare le cose, motivo per averne cura. Dobbiamo tornare a respirare la vita, a sentire il sapore dei sorrisi, baciarci, ingoiare a pezzetti l’anima di chi amiamo vivendo , torniamo ad abbracciarci a respirare la vita , a non avere paura della solitudine, puo’ essere una straordinaria compagna di cambiamenti.

Sabrina Miriana

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