La prefazione del libro edito da Rupe Mutevole, dell’artista Patrizia Zara:

“Ho riposto le 14 Novelle brevi di Sicilia in uno scrigno per poterlo aprire ogni volta che desidero essere travolta…”| di Patrizia Zara

Ho riposto le 14 “Novelle brevi di Sicilia” in uno scrigno per poterlo aprire ogni volta che desidero essere travolta da immagini, colori, profumi, odori, sapori della Sicilia, di una terra così ricca di storia, cultura, tradizioni e natura, e dall’opulenza di emozioni che emanano questi attuali e brevi episodi di vita realmente vissuta da un osservatore attento.

Forti contrasti, tra l’altro tipici del luogo, come forti venti alimentano un fuoco, alimentano ancor più la passione che ricama storie semplici di vita quotidiana, con immagini traboccanti di sensazioni, e tutto si amplifica nel caldo dell’estate.

In “Agosto a Palermo”, il centro storico di Palermo ricco di “sì contraddittoria architettura”, si mescola con la folla di turisti e contrasta con il resto della città che è deserta, perché è estate, e fuori dal centro si torna indietro nel tempo, e si ricordano i funerali, le saracinesche rispettosamente abbassate al passaggio del morto e le frasi dialettali sempre uguali, che si ripetono come un disco incantato, scaldato dal complice caldo del sole. Ma già nella prima novella, “Gli auguri di mia nonna ottantenne”, c’è un contrasto tra l’inizio del racconto e il seguito che sorprende e lascia ad un tratto senza parole, e il dialetto siciliano odora di vita vissuta a contatto con quella terra solcata dal tempo, che si riflette sul volto di una donna che augura al nipote di godersi in pieno la vita.

Ne “Il sindaco”, la granita alla messinese è servita come per tradizione con la brioche che al microonde si è dovuta abituare e osserva con piacere quanto il sindaco preferisca la famiglia alla prestigiosa carica istituzionale.

Ne “La bigliettaia”, la forte luce accecante del sole sullo specchio che riflette l’immagine di una donna procace ed elegante, contrasta con l’ufficio bianco e insignificante, arredato con antiquati mobili di rovere, e quella forte luce e quel bianco contrastano con il suo nero pelo, con il vestitino aderente nero, con la spiaggia nera ma per niente attraente, anzi, lurida e puzzolente, che come le forti mani del pescatore di tonnara ti prende voracemente.

“Il senatore”, sotto il caldo sole legge il giornale, e contrastano il rosso del sangue e il minaccioso vulcano, con la pace, il silenzio e l’acqua del mare.

Ne “Al telefono”, il dolore lascia la stanza sempre più vuota e silenziosa, mentre la strada è sempre più affollata e rumorosa.

Ne “La doccia”, uno specchio moderno riflette un rapporto consumato virtualmente, una passione dai caldi toni che si spegne nell’acqua e nella bianca schiuma di Dolce & Gabbana e non nel profumo della pelle della donna lontana. Il vestitino che copre quel corpo caldo che si fa desiderare ha un colore freddo, è verde, come lo è il simbolo di WhatsApp sul cellulare, come un rapporto non reale in cui manca il contatto carnale.

Ne “La conferenza”, verdi sono le sedie, il tavolo, il prato, l’acqua de “Il lago dei Cigni” che il movimento delle teste attente e annuenti gli hanno ricordato. Teste dai diversi colori e dalle diverse acconciature, che sullo spartito si muovevano sicure. Diverse tonalità di verde unite a quella danza di teste sincronica, creano una musica armonica. Alla fine sparisce il colore ed è il bianco di quella sala che sempre più prevale. Aumenta il silenzio. Tutto è finito, lo spartito è vuoto.

In una grande sala gialla adornata da antichi arazzi colorati si attende “L’onorevole”. Fuori dalla finestra la città è puntellata da luci colorate che pare un ricamo, mentre nel mare blu cobalto si specchia la luna. Quella giostra di colori illumina il grigiore della serata ma non riesce a scaldare il cuore, resta negli occhi, in superficie, non cambia l’umore. Ed ecco in quella baraonda due occhi neri e profondi ed è lì che si affonda, e nascono i veri colori di una forte emozione, e mai si dimentica quella visione.

Ne “I dissuasori”, il caldo estivo amplifica il calore dell’asfalto appena gettato ed il suo tanfo, e aumenta la forza e il suono delle parole dialettali gettate dopo la fascia bianco-rossa che delimita la strada, aumenta la vitalità tipica delle persone del luogo che lì appare e sembra una scenetta teatrale. In questo caso non ci sono contrasti ma è come bere un caffè tutto d’un botto e sentirlo quasi uscire dalle narici, come accade in “Una giornata ordinaria” per niente sedentaria.

“Innamorato” rivela un contrasto nell’animo. Il successo si guarda allo specchio e vede il fallimento e viceversa.

In “Auguri da Palermo”, al comodo viaggio in macchina verso un promontorio in cui si ammirano le meraviglie di quella terra, si affianca il ricordo di coloro che a piedi scalzi o in ginocchio avevano raggiunto la grotta di quel monte in preghiera, dove dimoravano le reliquie della Santuzza, per scongiurare la peste.

“Zonta Zyz” ci saluta calorosamente facendo festa con il suo tripudio di luci, suoni, odori e colori e ora io che, ahimè, non sono mai stata nel caldo abbraccio della Sicilia, la vedo avvolta da un aurea nuova, come quella delle donne diventate Zonta, la cui etimologia della parola, ho scoperto che significa “aggiunta”, sì proprio così, ora grazie a queste novelle ho aggiunto qualcosa in più nello scrigno di quella meravigliosa terra.

Patrizia Zara