Secondo l’OMS la pandemia da Covid-19, con la chiusura delle scuole per quasi 1,6 miliardi di studenti in più di 190 Paesi, ha provocato la più grande interruzione dei sistemi educativi nella storia. SOS Villaggi dei Bambini chiede un grande impegno collettivo per contrastare l’emergenza educativa, che non fa che aggravare le diseguaglianze già generate da povertà e disagio sociale. Ciò vale sia in Italia, fanalino di coda in UE per tassi di istruzione e di abbandono scolastico, che nel mondo, dove sono 250 milioni i bambini che non sanno né leggere né scrivere né contare.
Con la riapertura delle scuole di ogni ordine e grado, chiuse in Italia dal 4 marzo, tanti sono i dubbi e non poche le difficoltà, ma una grande certezza c’è: la scuola deve rimanere al centro dell’agenda politica e degli sforzi di tutte le nazioni, perché è il primo vero argine alle diseguaglianze e alla povertà educativa e materiale di ogni individuo.
Come ha ricordato il Direttore dell’OMS per l’Europa Hans Kluge, la pandemia da Covid-19 ha causato la più grande interruzione dei sistemi educativi nella storia, colpendo quasi 1,6 miliardi di studenti in più di 190 Paesi. Cifre drammatiche, se accostate a quelle che riguardano la condizione socio-economica delle famiglie in Italia, dove si stima siano oltre 1,8 milioni i nuclei in condizioni di povertà assoluta, con 1 milione e 260 mila bambini coinvolti (dati ISTAT 2019).
LA SCUOLA, PRESIDIO DI TUTELA PER I BAMBINI FRAGILI
“La chiusura delle scuole, sia pur necessaria, ha danneggiato tutti i bambini ma, come tutte le crisi, ha avuto ripercussioni maggiori sui bambini che appartengono a famiglie vulnerabili; parliamo di giovani vittime di violenza, di bambini che vivono in case-famiglia, di minorenni stranieri non accompagnati” ricorda Samantha Tedesco, Responsabile Advocacy e Programmi di SOS Villaggi dei Bambini. E prosegue “La scuola rappresenta non solo il luogo in cui apprendere, per molti bambini è la possibilità di un pasto sano e completo al giorno. E per molti bambini, purtroppo, è l’unico pasto completo dell’intera giornata. La scuola è la possibilità quindi di alimentare il corpo e la mente, è la possibilità per molti bambini non solo di mangiare, ma di essere “visti” da adulti competenti, di fare sport, di essere considerati bambini e ragazzi con bisogni propri. La scuola è un presidio di tutela in particolare per i bambini vulnerabili”.
Alcuni dati nazionali: durante il lockdown 1 bambino su 10 non è riuscito a seguire la didattica a distanza e ha quindi abbandonato in maniera silenziosa la scuola; 1 bambino su 5 non è riuscito a fare i compiti. Le segnalazioni ai centri antiviolenza sono aumentate rispetto allo stesso periodo 2019, segno che, durante questi mesi, sono aumentati i bambini che hanno subito violenza in diverse forme, anche violenza assistita, mentre gli interventi educativi domiciliari sono stati annullati perdendo la possibilità di monitorare le situazioni già critiche. “Di fatto, si è realizzata una discriminazione ulteriore sui bambini già in situazione di fragilità. Abbiamo bisogno di sanare questa discriminazione, di riaprire le scuole senza esitazioni o sterili discussioni. La questione su cui oggi tanto si dibatte, quella dei banchi individuali, non è certamente prioritaria, anzi rischia di essere controproducente. Il banco singolo non farà che aumentare l’isolamento dei bambini e ragazzi, molto meglio sarebbe utilizzare i banchi che ci sono in maniera originale mantenendo la distanza necessaria tra le pieghe labiali dei bambini: è fattibile, sostenibile e soprattutto consentirebbe a tutti i bambini di sentirsi ancora parte di una comunità, dopo mesi di DAD.” aggiunge Samantha Tedesco.
L’OPPORTUNITÀ: INVESTIRE DOPO LA CRISI
Il nesso tra povertà educativa e disagio socio-economico è evidente. Le famiglie più povere sono generalmente quelle con minore scolarizzazione e l’incidenza della povertà assoluta risulta doppia nei nuclei familiari dove la persona di riferimento non ha il diploma (elaborazione Openpolis/Con i bambini, su dati ISTAT 2019). In Italia la percentuale di uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione dei giovani di 18-24 anni in Italia è al 14,5% (quart’ultimo posto), rispetto al 10,6% europeo. Nella media dei Paesi dell’Ue, le persone di 30-34 anni che hanno completato un’istruzione terziaria (università e altri percorsi equivalenti) sono state il 40,7%, mentre l’Italia occupa il penultimo posto, con il 27,8%. Anche la percentuale di persone di 25-64 anni che hanno conseguito almeno il diploma è significativamente più bassa della media europea (-16,4 punti rispetto al 78,1% dei Paesi dell’Ue28 presi nel loro insieme). I giovani italiani risultano meno specializzati e, quindi, dotati di minori possibilità di accedere a posizioni lavorative che garantiscano loro un reddito sufficiente e un’adeguata soddisfazione personale.
Per uscire da questa empasse, la parola d’ordine è: investire. Come spiega Samantha Tedesco, SOS Villaggi dei Bambini chiede un impegno affinché “la scuola ri-nasca. Non chiediamo di tornare alla scuola di prima perché la normalità della scuola di prima non andava già bene. Ci eravamo solo adattati. Il rapporto numerico 1:25 non andava bene nemmeno prima. Una scuola chiusa rispetto al proprio territorio non andava bene nemmeno prima. Chiediamo che dall’esperienza del Covid-19 nascano idee nuove, che si abbia la forza di investire, che dopo una crisi epocale come quella che abbiamo vissuto non si scelgano scorciatoie prese solo nell’ottica di prevenire il contagio. Abbiamo bisogno di investire sulla scuola, di passare dal 3,8% attuale del PIL al 5% come nella media europea. Serve un progetto speciale dopo tanto isolamento che metta al centro la relazione educativa per recuperare fiducia e capacità di apprendimento. I bambini sono resilienti possono farcela se noi adulti creiamo le condizioni favorevoli. Serve un “patto educativo territoriale” come stiamo dicendo in molti. Investiamo sulle figure educative, mappiamo i luoghi del territorio, osiamo andare oltre le sentinelle o gli assistenti civici per controllare il rispetto del distanziamento fisico!”
LA SFIDA GLOBALE DELL’ISTRUZIONE
Il problema è globale, e lo era ben prima della pandemia da Covid-19. Alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Alfabetizzazione (8 settembre), SOS Villaggi dei Bambini ricorda che sono 250 milioni i bambini nel mondo che non sanno né leggere né scrivere né contare, e 6 milioni quelli che muoiono ogni anno per malattie facilmente curabili. La pandemia non ha fatto altro che aggravare le diseguaglianze con il digital divide che ha lasciato indietro milioni di studenti. Dei quasi 1,6 miliardi di studenti le cui scuole hanno chiuso, circa 463 milioni, oltre il 30% non sono stati in grado di accedere alla didattica a distanza (dati Unicef). Le disparità sono particolarmente acute nei Paesi a basso reddito dell’Africa subsahariana, dove quasi il 90% degli studenti non ha accesso a un computer e l’82% non ha Internet da casa, secondo i dati dell’UNESCO.
In molti di questi Paesi la soluzione passa attraverso la radio. In Senegal, oltre alle piattaforme digitali e alla televisione e-learning, i canali radio nazionali e le reti comunitarie hanno iniziato a trasmettere un programma di apprendimento nel tentativo di estendere le opportunità formative a bambini e giovani senza accesso a Internet, dispositivi digitali e TV. “I canali nazionali trasmettono programmi educativi, ma i contenuti non possono tenere conto del livello scolastico di ogni studente”, afferma Saly Bopian, che dirige i Programmi di sostegno familiare dell’Organizzazione a Kaolack. Qui vive Khadi, 10 anni, una di quei bambini la cui istruzione è stata sconvolta dalla pandemia Covid-19. Vive in una casa di lamiera con una camera da letto insieme a sua madre, suo padre e tre sorelle maggiori, in una baraccopoli. È un ambiente di vita duro, ma è qui che Khadi ha trascorso la maggior parte del suo tempo da quando le scuole in Senegal hanno chiuso a maggio. “Le mie sorelle vogliono tornare a scuola, ma qui a casa mi sento più al sicuro”, dice Khadi, in ansia per il virus. Seduta nel cortile con la famiglia, Khadi indica una radio dove ascolta le lezioni per cercare di tenere il passo con la sua istruzione. La radio può essere frustrante per i bambini, soprattutto perché non possono interagire con l’insegnante e fare domande.
SOS Villaggi dei Bambini, presente con i suoi progetti in 136 Paesi e territori, lavora ogni giorno per contribuire a realizzare il quarto Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030, per un’istruzione di qualità che contrasti le diseguaglianze e favorisca un equo accesso per tutti. Nelle comunità in cui mancano le infrastrutture scolastiche, SOS Villaggi dei Bambini gestisce asili, scuole e centri di aggregazione, rafforzando l’istruzione pubblica di concerto con le autorità locali ed altri enti che si occupano di accoglienza. Supporta, parallelamente, le comunità nel miglioramento delle strutture e dei servizi medici affinché ogni bambino riceva l’assistenza sanitaria di base.
SOS Villaggi dei Bambini è parte del network di SOS Children’s Villages, la più grande Organizzazione a livello mondiale impegnata da oltre 70 anni nel sostegno di bambini e ragazzi privi di cure familiari o a rischio di perderle. Lavora con le famiglie d’origine per prevenire le crisi che ne causano la separazione e offre accoglienza di tipo familiare ai bambini che sono privi di cure adeguate. È presente in 136 Paesi e territori, dove aiuta oltre 1 milione di persone tra bambini, bambine, ragazzi, ragazze e le loro famiglie. In Italia promuove i diritti di oltre 44.000 bambini e giovani e si prende cura di oltre 1.000 persone tra bambini, ragazzi e famiglie che vivono gravi momenti di disagio. Lo fa attraverso 6 Villaggi SOS – a Trento, Ostuni (Brindisi), Vicenza, Roma, Saronno (Varese), Mantova – un Programma di affido familiare interculturale a Torino e un Programma di sostegno psico-sociale per Minori Stranieri Non Accompagnati in Calabria.