Da pochi giorni è in libreria il nuovo studio di Salvatore Mantia intitolato La Novena per la Madonna della Milicia: una spiegazione storico-antropologica, edito da Lo Bono Edizioni. Il libro riporta la prefazione di mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo e di padre Giuseppe Bucaro, antropologo. Il tema centrale è l’interpretazione storico-teologica di un’antica novena di autore anonimo, scritta in dialetto siciliano; ad Altavilla Milicia, dove è presente un santuario mariano, meta di pellegrinaggi, un cantore accompagnato da un fisarmonicista dilettante, la settimana precedente i festeggiamenti della Madonna della Milicia – dal 6 all’8 settembre – canta di notte la Novena, porta per porta. Il libro di Mantia analizza da punto di vista artistico il venerato quadro focalizzando l’attenzione sugli stilemi pittorici e sul problema della committenza, essendo il dipinto tardo-trecentesco, di autore anonimo. Un paragrafo è dedicato al restauro del quadro avvenuto nel 1990 che ha riportato alla luce l’autenticità e l’antica immagine che era coperta da un abito argenteo ottocentesco applicato sull’immagine della Madonna. Vengono analizzate le strofe del canto, mettendo in evidenza il contrasto tra la fede cristiana e quella islamica; infatti la Novena racconta una tradizione oralmente tramandata circa il misterioso ritrovamento del quadro presso la spiaggia del mare. Ciò è inteso come un tòpos agiografico presente in altre leggende di argomento affine. Si discute della paternità della Novena, il cui testo è anonimo. Mantia ha cercato di ricostruire tutti i cantori che nel tempo si sono succeduti. La novena racconta che in un periodo storico imprecisato, ma collocabile al tempo delle incursioni barbaresche nelle coste della Sicilia, un musulmano in un paese del Maghreb ha in casa un quadro raffigurante la Vergine Maria, facente parte del bottino di qualche incursione. E non sapendo chi fosse quella donna raffigurata nel quadro, lo tiene in un suo magazzino come coperchio di una giara. Il servo, di religione cristiana, un giovane fatto prigioniero durante le incursioni, diede al dipinto una degna collocazione.
Pertanto il padrone un giorno chiese chi fosse quella donna raffigurata nel quadro. E con sottili spiegazioni teologiche cristiane il servo cercava di fargli capire che si trattava della Madonna. Allora non comprendendo il mistero dell’Incarnazione della Vergine Maria, l’islamico si convinse che quel quadro fosse per lui una iettatura e quindi ordinò al servo di andarlo a buttare in mare. Il servo non volle gettarlo in mare senza un’adeguata protezione, ma rinchiuse il dipinto in una cassa che dopo tempo fu misteriosamente ritrovata nei pressi della spiaggia della Milicia. Messolo sopra un carro, venne trainato da buoi sino all’abitato, dove fu oggetto di venerazione e in suo onore si costruì una cappella. Molti furono i miracoli. Ma il libro contiene anche le varianti della leggenda che da tempo si tramandano oralmente.
Il libro riporta un nuovo contributo, inedito; è stato infatti ritrovato da Salvatore Mantia presso l’archivio storico del Conservatorio di musica di Palermo una partitura ottocentesca del maestro Antonino Pasculli, la quale sinora si riteneva perduta. La fantasia musicale si intitola appunto l’8 Settembre ad Altavilla. E ne parla l’antropologo Giuseppe Pitré nel suo volume Feste popolari in Sicilia. Il libro di Mantia è corredato da illustrazioni di Gianni Ballistreri e da fotografie della festa di Altavilla.