Riportiamo una intervista rilasciata dal neo presidente del Parco delle Madonie, Angelo Merlino, all’ Università Mediterranea di Reggio Calabria – Dipartimento di Agraria

All’inizio di giugno si sono completate le procedure per la nomina dei Presidenti dei Parchi regionali della Sicilia. Il dott. Angelo Merlino è stato posto alla guida del Parco delle Madonie. È il Presidente più giovane tra quelli nominati e la sua formazione universitaria è avvenuta presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, dove nel 2012 ha conseguito la Laurea magistrale in Scienze forestali e ambientali con il massimo dei voti, la lode e il solenne encomio tributatogli dalla commissione. La tesi sperimentale era stata svolta proprio nel Parco delle Madonie, avendo avuto come titolo: “Indici di degrado per boschi di rovere”. Specializzatosi ulteriormente con il Dottorato di Ricerca (Università della Tuscia), il dott. Merlino ha poi proseguito come cultore della materia e assegnista di ricerca la sua collaborazione didattica e scientifica con l’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Presso il Dipartimento di Agraria ha lavorato in particolare nell’ambito del settore AGR/10 (Costruzioni rurali e territorio agroforestale) e nel gruppo di lavoro RurAL (Rural Architecture and Landscape), occupandosi di tecniche di geomatica avanzata applicate al rilevamento e all’analisi delle risorse naturali e del paesaggio forestale. La sua recente nomina si colloca quindi lungo un percorso formativo coerente e di eccellenza, per i risultati conseguiti. Come Presidente del Parco delle Madonie potrà mettere ulteriormente a frutto le competenze acquisite, a vantaggio delle comunità che è stato chiamato a servire. Al Dott. Merlino vanno le sincere congratulazioni per l’importante nomina e gli auguri di buon lavoro del nostro Dipartimento.



D: Dott. Merlino, Se dovesse condensare in una sola parola la sua idea di gestione del Parco, quale parola sceglierebbe?
AM: In genere, quando si pensa a un parco naturale la prima parola che viene in mente è “conservazione”. È una parola giusta, appropriata, ma spesso interpretata male nelle azioni concrete, perché finisce per sapere di “congelamento”, “cristallizzazione”, “immobilismo”. Sceglierei invece la parola “cambiamento”.

D: Siamo spiazzati…Perché proprio questa parola?
AM: Perché le stesse risorse naturali che un parco deve tutelare sono organismi e sistemi viventi. La vita è una dinamica di cambiamento. Conservare la vita pone allora la sfida di saper gestire il cambiamento secondo dinamiche sane. La parola “cambiamento” si lega anche alla necessità di una nuova visione che chiami attivamente in causa le comunità. Il Parco non deve essere visto come un Ente che paralizza l’azione delle comunità, che agisce solo “vincolando”. Deve invece proporsi come un laboratorio di sviluppo sostenibile, un ambito privilegiato di sperimentazione di futuri possibili, una prefigurazione della società di domani. Con il Covid abbiamo capito che un domani ci sarà solo se l’uomo saprà riconciliarsi con la natura. Il Parco potrà fare tanto per aiutare questo percorso. Tutti dobbiamo cambiare qualcosa per farlo.

D: Nel Parco delle Madonie ci sono tante risorse naturali da salvaguardare, quali sono le più importanti?
AM: Le più importanti direi che sono quelle “uniche”, le più preziose per la conservazione della biodiversità. Un solo esempio: all’interno del parco ricadono tanti importanti endemismi, di cui il principale è rappresentato dall’Abies nebrodensis. Una specie arborea rarissima, in pericolo di estinzione, di cui esistono solo trenta individui al mondo e sono tutti nel Parco delle Madonie, nel Vallone Madonna degli Angeli, in territorio di Polizzi Generosa. Non meno importanti sono la ginestra di De Marco (Genista demarcoi), la rovere di Pomieri, per arrivare anche al lepidottero Parnassius apollo siciliae, una farfalla diurna che popola i prati di montagna. Tante altre forme di biodiversità sono presenti e si fa fatica a elencarle tutte. Su questo fronte occorrerà mobilitare molte energie, non solo in campo gestionale, ma anche per lo studio, il monitoraggio e la ricerca, sapendo che verso le nostre risorse c’è già una grande attenzione da parte della comunità scientifica internazionale. Dovessi scegliere una seconda parola-chiave, direi “conoscenza”. Dobbiamo conoscere meglio le nostre risorse per poterle tutelare e valorizzare. Di parole ne abbiamo già quattro: cambiamento, conoscenza, tutela, valorizzazione.

D: Da Presidente, come vede il Parco? Ha già pensato a quali saranno le prime attività da mettere in campo?
AM: La mia personale visione di Parco è quella di un arazzo. Quando guardiamo un arazzo rimaniamo estasiati dalla bellezza del fronte, del lato visibile. Spesso però non abbiamo ben chiaro che sono gli intrecci dei fili sul lato posteriore, non visibile, a determinarne tanta bellezza. L’esperto che apprezza la qualità dell’arazzo, lo guarda da dietro, assumendo il punto di vista dell’artigiano che lo ha realizzato. Io vorrei fare la stessa cosa. Poiché il Parco lo fanno le comunità, tra le mie prime attività ci sarà quella di conoscere tutte le componenti che “stanno dietro”, quelle strutturanti, partendo dai dipendenti, dai sindaci dei comuni che vi ricadono, dalla realtà dell’associazionismo, dalle agenzie educative, confrontandomi con i diversi punti di vista categoriali e con tutti i portatori di interesse, i cosiddetti stakeholders, che amano il parco. Si impara a parlare ascoltando. Così è anche per l’agire. Voglio innanzitutto mettermi in ascolto.

D: La sua formazione universitaria e il lavoro l’hanno portata fuori dalla Sicilia, come accade a molti isolani. Che impressione le fa adesso presiedere il Parco delle Madonie, nella sua terra? Le saranno utili le esperienze maturate altrove?
AM: Anche io, come tanti, per motivi di studio sono dovuto andare fuori, ma non è stata un’esperienza drammatica, anzi tutt’altro. Sono nato e cresciuto nella provincia di Messina, ma gli studi superiori li ho fatti all’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Era la sede più vicina con corsi di Laurea in Scienze forestali e ambientali. Ne avevo sentito dire un gran bene e lì ho conseguito la Laurea magistrale. Per me è stata un’esperienza formativa esaltante che mi ha dato basi solide, tanto che poi ho potuto perfezionarmi con il Dottorato a Viterbo e tornare a Reggio Calabria, al Dipartimento di Agraria, per continuare a collaborare in attività di ricerca con gli stessi docenti che mi avevano formato. La nomina al Parco delle Madonie è stata come un ritorno a casa, non solo geografico, ma anche scientifico: la mia tesi di laurea l’avevo sviluppata proprio lì, nel Parco delle Madonie. Adesso, è in Sicilia che devo portare quello che ho imparato altrove. Per lavoro ho avuto la possibilità di visitare boschi e parchi di tutta Italia. Ho conosciuto tante “buone pratiche” che non dobbiamo avere vergogna di importare, perché sono esperienze consolidate di cui si sono già visti buoni frutti. Per questo motivo serve anche collaborare con gli altri Enti parco, a partire da quelli siciliani. Ho già un’idea in tal senso che potrebbe essere facilmente applicata…ma non voglio svelare nulla al momento.



D: Le comunità che vivono nei parchi hanno economie spesso fragili, alle quali il turismo porta un po’ di ossigeno. L’emergenza sanitaria ha colpito anche lì. Cosa si aspetta per il dopo Covid-19?
AM: È già arrivata l’estate e le attività economiche, ora che in Italia la situazione sanitaria appare meno drammatica, sembrano avere una lenta ripresa. È importante che le montagne non si spopolino ulteriormente. Il turismo ha aiutato le popolazioni a vivere meglio, ma è tra i settori che nell’emergenza ha sofferto di più. Il Parco è un buon attrattore per forme di turismo sostenibile, un turismo senza confusione, senza affollamento, che ama la tranquillità ed è amico della natura. Nella consueta alternativa tra mare e montagna penso che quest’anno la montagna avrà qualche estimatore in più. Dobbiamo però farci trovare pronti con un’offerta ben organizzata ed essere bravi a far godere nel modo giusto la bellezza del paesaggio, le risorse naturali, i prodotti e la cultura dei nostri territori. Vale per la Sicilia tutta e dobbiamo impegnarci al massimo per confermare quanto scritto da Goethe “L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto”. Il turista che guardi superficialmente alla Sicilia tende a sua volta a figurarsela come una regione di spiagge assolate. Ma il cuore della Sicilia sono le sue montagne e i suoi boschi. È lì che si trova la chiave dell’Isola. E di tutto.