28 anni….che non sia solo un ricordo,la strage di Capaci, ma momento di rinnovo di impegno di lotta contro ogni forma di mafia.

Sono passati 28 anni, da quel maledetto giorno in cui si consumò la strage di Capaci, dove morirono uomini onesti, uomini che seguivano e onoravano il senso del dovere verso il ruolo che ricoprivano, verso la scelta di vita fatta, stare dalla parte del bene.
Sin da quando siamo piccoli ci viene insegnato un binomio sul quale poi fare delle scelte, bello-brutto, buono-cattivo, sulla base di ciò che sceglieremo, si costruirà il nostro destino.
C’è chi imparerà presto cos’è il bene e lo perseguirà, c’è chi rimarrà nel limbo e trasformerà la sua vita in un ‘inferno, perchè diciamolo pure il male può portare il raggiungimento immediato di potere, ricchezza, controllo della vita altrui, ma nessun uomo che ha conosciuto il male, ha mai fatto sonni completamente tranquilli, perchè è una legge di natura, il mondo vuole equilibrio, non disequilibri.


Quest’anno le manifestazioni per ricordare il Giudice Falcone, la moglie e la scorta, si sono svolti con toni differenti a causa del corona virus, non sono state possibili le manifestazioni come gli anni precedenti, tuttavia in maniera composta la gente ha voluto partecipare recandosi nei luoghi che sono diventati simboli, tra tutti ricordiamo l’albero Falcone in via Notarbartolo, questo grande ficus di magnolie che divenne luogo di incontro per tanti giovani.
Undici persone semplici quest’anno, hanno nominato le vittime della strage, undici uomini e donne, che lavorano ogni giorno onestamente, hanno ricordato una vittima di quel maledetto giorno, dove persero la vita, ma divennero semi di una importante lotta contro la mafia che si diffuse a macchia d’olio negli anni, con una rinnovata energia e coscienza civica.
Bufalino, quando seppe della morte del dottore Falcone, stava scrivendo “Il Guerrin meschino” si racconta, che posò la penna e disse: “chiuso per lutto, basta cosi giù il sipario, non me la sento questa sera di continuare” una sintesi perfetta di quello che tutti noi, che in quel giorno ascoltammo la notizia sentimmo, quel tritolo colpì un po’ tutte le coscienze , tremarono molte poltrone, noi che avevamo 20 anni ci sentimmo improvvisamente soli, turbati , spaventati da quel serpente che aveva sputato un veleno mortale.
La mafia, ciò che rende inumano l’umano, perchè è capace di cose inenarrabili. Bene quel lontano 23 maggio fù una data che cambiò molte cose, dopo lo sgomento , la rabbia divenne forza per cercare di mettere ordine, e si sa l’ordine richiede tempo e metodo, finalmente si cominciò a parlare con voce alta e non sommessa di legalità.
Sempre Bufalino scriveva: “per combattere la mafia ci vuole un’esercito di maestre di scuola elementare” sempre per quel principio che la cultura può fare la differenza, perchè si può essere dentro a logiche mafiose per cultura familiare e tenerti fuori come ci ha insegnato il nostro Peppino Impastato.
Il 23 maggio è una data, da non dimenticare , ma ricordiamocelo la legalità è un modo di vivere che si deve onorare e consumare tutti i giorni, facendo quello che è giusto fare, tenendo alta l’onorabilità del proprio operato, non cadendo in giochi sporchi di convenienza e non anestetizzando la coscienza. Da che parte stai dobbiamo domandarcelo sempre.
Bisogna stare lontano da logiche di interesse e dal consenso muto, altrimenti stendere lenzuoli bianchi non ha alcun senso.

Sabrina Miriana