Ricordo di Cgil e Unci.
La Cgil Palermo ricorda Peppino Impastato, nell’anniversario del  42° anno dalla sua uccisione. “Come ogni anno il 9 maggio ricordiamo Peppino Impastato  per trasmettere la storia del suo impegno e tenere alto il valore  delle idee di un giornalista coraggioso,   barbaramente ucciso durante il suo lavoro, per le denunce contro le collusioni mafiose  – dice il segretario generale Cgil Palermo Enzo Campo – In questi anni, insieme al fratello Giovanni Impastato, la Cgil Palermo, con i suoi segretari nazionali,  è stata presente costante al corteo da  Radio Aut,  Terrasini, a Casa Memoria, Cinisi,  con il suo striscione e centinaia di militanti, per manifestare l’impegno in difesa dei lavoratori. E se l’anno scorso, al centro della manifestazione, che quest’anno sarà virtuale, abbiamo messo il binomio lavoro-legalità, oltre alla difesa  della Costituzione e dei suoi valori, contro i rischi di un ritorno all’apologia fascista, quest’anno in maniera ancora più intensa esprimiamo ai familiari di Peppino Impastato e alle associazioni della società civile che continuano la sua battaglia tutto  il sostegno del mondo del lavoro. I problemi del lavoro, della disoccupazione, della crisi, sono e restano più urgenti di prima,  l’emergenza sanitaria ha contribuito a farli emergere e a porli al centro dell’attenzione”. 


         “Nella ripartenza delle attività produttive  – aggiunge il segretario Cgil Palermo Campo –  diventa irrinunciabile  rivendicare il lavoro per tutti, assieme alla salute e alla sicurezza sui posti di lavoro. Lo chiediamo anche in questo 9 maggio, nel nome di Peppino, ricordando la sua testimonianza di lotta civile, la sua ribellione contro la mafia, la sua voce libera,  i suoi sogni di cambiamento,  così come l’abbiamo fatto il 30 aprile ricordando tutti i sindacalisti uccisi e il tributo altissimo di sangue da loro versato.  Nella nostra agenda sindacale – prosegue Enzo  Campo – chiediamo una società dove il lavoro è libertà, emancipazione dal bisogno e realizzazione dei sogni. Lo dobbiamo a Peppino e a chi ha dato la vita lottando per la libertà, l’affermazione dei diritti e la dignità del lavoro”.

Unci

Sono trascorsi 42 anni dall’assassinio di Peppino Impastato, giornalista e attivista politico che, dalle frequenze di Radio Aut, denunciava le collusioni tra i mafiosi ed i “colletti bianchi”. Il Gruppo siciliano dell’Unione Cronisti (Gruppo di specializzazione della Fnsi-Assostampa) oggi ricorda Impastato al quale soltanto dopo il barbaro assassinio è stato riconosciuto il tesserino di giornalista.
Impastato, nella notte tra l’8 ed il 9 maggio 1978, venne sequestrato vicino alla sua abitazione e portato dai suoi carnefici in un casolare di Marina di Cinisi (Palermo) – poco distante dall’aeroporto di Punta Raisi – poi torturato e infine trucidato con una carica di tritolo lungo la strada ferrata Palermo-Trapani. I mafiosi, a cominciare da Gaetano Badalamenti, capocosca di Cinisi, hanno subito provato a depistare le indagini. La morte di Peppino, infatti, doveva passare per un fallito attentato terroristico e per diverso tempo gli inquirenti hanno seguito questa pista. L’impegno del fratello Giovanni e soprattutto della madre Felicia Bartolotta ha portato magistrati e investigatori, negli anni ‘90, al vero contesto in cui è maturato l’assassinio. “Dai microfoni dell’emittente privata Radio Aut – ha osservato il presidente dell’Unci Sicilia, Leone Zingales – Impastato quotidianamente condannava la mafia e faceva i nomi dei boss mafiosi e dei politici collusi con la mafia. Peppino Impastato raccontava di comitati d’affari e di appalti sui quali bisognava indagare. Il tritolo che lo ha ucciso non ne ha minimamente scalfito la memoria e l’impegno civile. Il casolare di via 9 maggio 1978, a Marina di Cinisi, è stato dichiarato nel 2014, dalla Regione siciliana, edificio di interesse culturale. Diverrà – ha concluso Zingales – un luogo di memoria proprio come il Giardino di Ciaculli, alla periferia di Palermo, dove Unci e Anm, ricordano le vittime della mafia con la piantumazione degli alberi. Anche a Peppino, come agli altri sette giornalisti uccisi dalla mafia in Sicilia, abbiamo dedicato un albero”.