A causa del Coronavirus la produzione cinematografica – sia nazionale che internazionale – è quasi del tutto bloccata, con conseguenze economiche pesantissime per aziende e dipendenti, e con difficoltà notevoli di approvvigionamento di contenuti da parte dei grandi player. Ma ciascuno di noi sa bene, in questo periodo di isolamento forzato, quale ruolo fondamentale abbia per la vita di tutti l’intrattenimento e quanto abbiamo bisogno dei lavoratori dello spettacolo, senza i quali le nostre giornate sarebbero state fin qui disastrose sul piano mentale e rischierebbero di esserlo ancora di più se l’emergenza dovesse prolungarsi.
È per consentire a questi lavoratori di tornare sul set e all’industria cinematografica di ripartire garantendo un buon livello di sicurezza che è nata l’idea di un “protocollo Cinema Covid”: un sistema di soluzioni pensato per favorire la ripresa dei set appena sarà possibile e realizzato con i contributi esperienziali di medici e operatori del settore.
Il protocollo – una sorta di work in progress suscettibile di modifiche proprio sulla base dei suggerimenti degli esperti – prevede una serie di regole, soluzioni pratiche, sistemi di protezione e disinfezione calibrati sulle esigenze dei set. Promosso da Co-Rent, società di noleggio condiviso di attrezzature cinematografiche, il protocollo è stato realizzato in partnership con Genoma Films, Consorzio Arca, Macaiafilm, Subwaylab, Vimove, Itaca Film[*]. Ad esso possono aderire società di produzione e noleggio, filmaker, associazioni di categoria e istituzioni.
In base a quanto si legge sul sito www.protocollocinemacovid.net, l’obiettivo è fornire agli operatori contratti ad hoc, moduli per comunicare con le istituzioni, dispositivi di protezione individuale (DPI), sistemi di disinfezione per le attrezzature, e tutto quanto occorra per una ripresa serena, sulla base di norme comportamentali e di una serie di regole suddivise in “generali” e “di reparto”, poiché ogni reparto (produzione, regia, fotografia…) ha esigenze specifiche da integrare con quelle generali. Bisogna infatti tenere conto, per esempio, del fatto che alcuni lavoratori – parrucchieri, truccatori, costumisti e microfonisti – sono più esposti di altri e quindi necessitano di maggiori tutele.
Qui il testo del protocollo: https://drive.google.com/file/d/1tjBDgml9CO5bUdeMsvc9MVTdnvR_UkRy/view
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