In un periodo di particolare esigenza di personale sanitario e socio-sanitario anche qui in Sicilia, alza i toni Luciano Luciani, presidente dell’ente di formazione professionale Istituto Italiano Fernando Santi il quale denuncia i ritardi e l’impossibilità di acquisire la qualifica professionale da parte degli allievi, che da otto mesi hanno concluso il corso di operatore socio-assistenziale.
“Ritardi da attribuire all’assessorato regionale dell’Istruzione e della formazione professionale – riferisce Luciani – Oggi, al tempo del Coronavirus, i venti giovani in attesa di ottenere la qualifica, potrebbero esserne già in possesso solo se avessero potuto sostenere l’esame finale la cui autorizzazione è di competenza di tale assessorato che deve nominare i componenti della commissione esaminatrice per il rilascio dell’attestato di qualifica professionale”.
“Mentre in Italia e nel mondo si plaude all’operato del personale medico, sanitario e degli operatori socio-sanitari – prosegue – taluni, che si ritengono intoccabili, operano per disarmare la Sicilia di risorse umane significativamente utili, particolarmente in questa fase di crisi sanitaria, economica e sociale. Anche il Telegiornale regionale della Rai dello scorso 27 marzo ha evidenziato la carenza qui in Sicilia di tali professionalità e la ricerca urgente in provincia di Enna di operatori socio-assistenziali”.
Su chi punta il dito? “Proprio nei giorni scorsi – prosegue – ho trasmesso una lettera un po’ pesante al presidente Musumeci, ai titolari degli assessorati all’Istruzione, a quello alla Famiglia e all’assessorato alla Salute, oltre al presidente della Commissione d’inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia. Infatti, è veramente deprimente assistere ai disagi e ai danni che gran parte dell’apparato amministrativo regionale, apparentemente senza guida e controlli, continui a causare ai siciliani, trasformandosi in soggetto che, ancorché assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, determina nei confronti dei cittadini la difficoltà o l’impossibilità di poter fruire correttamente e tempestivamente dei servizi che la Pubblica amministrazione regionale deve assicurare”.
“Oltretutto, da circa due anni, proprio a Musumeci, sono stati segnalati e in gran parte documentati, abusi, omissioni e altro, nei confronti dei quali non ha assunto i dovuti controlli e le verifiche, attraverso il Servizio ispettivo del Segretariato generale della presidenza della Regione, né la richiesta di avvio di procedimenti disciplinari nei confronti dei responsabili, per le omissioni o gli atti compiuti anche in danno dell’Istituto Italiano Fernando Santi e della rete degli enti di cui alla legge 40/87 che allo stesso fanno riferimento”.
Quali potrebbero essere le conseguenze? “Esistono i presupposti per l’avvio di procedimenti disciplinari all’Autorità regionale indipendente per i dovuti e conseguenti provvedimenti. Non escludiamo anche la possibilità di rivolgerci alla Procura della repubblica di Palermo per segnalare i possibili reati che componenti o responsabili di servizi pubblici della Regione siciliana cagionano (omissioni o abusi di atti d’ufficio, falsità in atti, delitti contro l’economia, ecc.) nell’azione amministrativa. Resta fermo che il presidente della Regione, essendo a capo dell’Amministrazione regionale, è responsabile del buon andamento che l’apparato regionale deve assicurare, in ciò coadiuvato dai componenti del governo regionale e dai capi Dipartimento che, continuando ad alternarsi tra i diversi assessorati, mostrano, salvo poche eccezioni, tolleranza nei confronti del personale facente capo ai vari servizi e ai loro preposti. Tutto ciò porta a pensare ad una sospetta possibile complicità, finalizzata a coprire fatti e responsabilità, anche pregresse”.
“I capi Dipartimento, molti dei quali da diversi lustri risultano inamovibili da tale incarico o lo sono stati sino al loro pensionamento – conclude Luciani – in passato hanno studiato e organizzato le strategie che hanno finito per immiserire sempre più i cittadini siciliani e indebolire l’efficienza dell’apparato e delle strutture regionali”.