Restare a casa è un atto d’amore

Restare a casa non è soltanto una regola imposta per garantire una minore diffusione del corona virus, restare a casa è un’atto d’amore per se stessi e gli altri.
È una rinuncia sicuramente alla propria libertà di movimento, ma è una rinuncia intelligente, che ha un peso rilevante nel tempo e nella strategia di contrasto di questa malattia che nessuno si aspettava potesse prendere questa piega.
Sono cambiate le nostre abitudini, abbiamo rivoluzionato i nostri progetti e siamo finiti dentro il nostro quadrato di casa, che può rivelarsi la nostra fortezza, se ne sappiamo rimanere dentro più che possiamo.


Continua ad esserci tuttavia ancora chi non comprende le semplici regole che sono state indicate, pensando di potere eludere i controlli e probabilmente pensando di essere più “furbo/ a “, qui non c’è furbizia, ma stupidità d’azione, tutte le volte che non si rispettano le regole.
Urgono atti intelligenti di alto senso di responsabilità, in cui è palese che il benessere della collettività dipende dall’azione dei singoli.
Mai come prima emerge in questa circostanza di vita che stà investendo tutti, ma proprio tutti, la personalità ed il carattere, e come il buon uso di questo faccia la differenza.
Paura, incredulità per tutto quello che stà accadendo, è chi lo avrebbe mai immaginato di vivere una guerra batteriologica, senza armi, il nemico non lo conosciamo, difendersi è difficile se non stando lontani da potenziali contagiati.
Restare a casa è un’atto d’amore, un nuovo slogan, cominciano a scarseggiare i posti in ospedale e in terapia intensiva nelle regioni del Nord più duramente colpiti, non solo anziani, ma anche giovani sono stati colpiti dal virus.
L’Italia su alcuni aspetti si riscopre unita, non mancano gli atti di solidarietà ed un bisogno comune di esorcizzare il male , si moltiplicano i canti in coro nei balconi e le campane delle chiese che suonano all’unisono in alcune ore del giorno.
La paura la si sconfigge provando a stare insieme anche a distanza, in questo i social, la rete in generale è stata ed è un veicolo importante di comunicazione e passaggio di informazioni che aiutano a condividere sentimenti, emozioni, paure.


Ci siamo commossi tutti davanti ad un popolo che racconta in rete di avere intonato e cantato l’inno d’Italia, l’immagine dell’infermiere stanca che riposa e che viene intervistata in rai che racconta le ore estenuanti di lavoro in ospedale, i visi impauriti dei pazienti, l’incognito della malattia.
Le città “finalmente” sono deserte, non è quello che vorremmo, ma è quello che può salvarci, i luoghi devono essere deserti momentanei, che ci aiutino a conservare affetti, legami e salute soprattutto.
Dobbiamo reimparare a costruire legami con quella vita che le abitudini rendevano sempre uguale, oggi che ci mancano tante cose, le abitudini ci appaiono più belle, quando tutto finirà, speriamo possiamo tutti avere imparato una lezione che è uguale per tutti, la vita è bella…non sprechiamola, gustiamocela a morsi d’amore e rispettiamola.

Sabrina Miriana

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