A conclusione del 50° anniversario della scomparsa di Fernando Santi l’Istituto che prende il suo nome presenta il movimento “In Europa e Oltreoceano”.
Ieri, presso la Sala “Primo Savani” di Palazzo Giordani della Provincia di Parma al n.15 di Viale dei Martiri della Libertà, si è tenuta l’iniziativa “Fernando Santi: 50 anni dalla scomparsa l’attualità del suo pensiero politico” promossa dall’Istituto Italiano Fernando Santi con il patrocinio della Regione Emilia Romagna, dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna e della Provincia di Parma.
I lavori hanno preso inizio con l’introduzione di Luciano Luciani, presidente Istituto Italiano Fernando Santi – Editore rivista Oltreoceano, cui sono seguiti gli interventi di Egidio Tibaldi, presidente Associazione “Amici di Fernando Santi” – familiare di Fernando Santi e Roberto Spocci, già direttore Archivio Storico Comunale di Parma – storico e biografo di Fernando Santi. Sono intervenuti ai lavori Fabio Fabbri socialista, più volte parlamentare e Ministro della Repubblica italiana, Cristiano Manuele segretario PSI di Parma, Enrico Fermi, segretario provinciale Acli di Parma, il quale ha anche letto il messaggio inviato da Luigi Covatta già deputato socialista di Parma e presidente nazionale delle ACLI, direttore rivista “Mondoperaio”; è, inoltre, intervenuto Gianluigi Cantoni, amministratore Provincia di Parma.
Hanno concluso i lavori Luciano Luciani (foto) e Diego Rossi in qualità di presidente della Provincia di Parma, che ha chiuso le celebrazioni del 50° anniversario della scomparsa di Fernando Santi ribadendo ed aspirando l’unità e il rilancio del centro sinistra in Italia.
Si riporta l’intervento di Luigi Covatta, che è stato letto da Enrico Fermi e quello di Luciano Luciani.


“Caro Luciani, purtroppo un’indisposizione mi impedisce di essere fra di voi a Parma. Mi dispiace molto, perché– considero Fernando Santi uno dei mentori del mio percorso politico, insieme con Livio Labor e Riccardo Lombardi. Fu lui infatti, nel 1968, a proporci di “creare una forza politica non egemonizzata da parte di chiunque, garante e fedele ai principi della democrazia e della libertà, nel rispetto della coscienza di ciascuno e di tutti, capace di offrire una alternativa alla guida ed alla gestione moderata del potere”, aggiungendo che “ci sono, a questo fine, forze che si muovono in tutti i campi: in quello cattolico, in quello socialista, in quello comunista”. Fu lui cioè, nel suo ultimo discorso pubblico, a dare il via ad un processo che – benché non sia ancora stato coronato da successo – ha scavato sotto il terreno dissestato della sinistra italiana come la “vecchia talpa” di marxiana memoria. Neanche ora, per la verità, si può dire che la talpa sia tornata alla luce: perché l’unità fra forze di origine diversa che auspicava Santi era cosa ben diversa dall’assemblaggio di gruppi dirigenti. A Vallombrosa, del resto, Santi parlava dopo il fallimento elettorale dell’unificazione socialista (che un anno dopo avrebbe portato a una nuova scissione). Ed aveva presente la fine che aveva fatto la discussione aperta nel 1964 da Giorgio Amendola sul partito unico dei lavoratori anche quando esprimeva i suoi dubbi sulla “piccola unificazione” fra Psi e Psdi. Scriveva per esempio sull’ Astrolabio a settembre del 1966: “Il Pci ha la sua parte di responsabilità nell’unificazione, almeno quanto quella della destra del Psi. Il Pci aveva un solo modo di combatterla: prendendo coraggiosamente l’iniziativa per una più vasta e rinnovata unità del movimento socialista”.

“Invece – proseguiva – Amendola è stato sconfitto senza combattere. Ingrao, che voleva pure un suo tipo di unità, ha pure lui perduto. Il centro ha prevalso, ma su una linea sbagliata: per non perdere a destra o a sinistra non ha scelto”. In realtà per Santi la ristrutturazione della sinistra italiana doveva avere radici nella società. Fu in quest’ottica che nel 1956, aveva convinto Di Vittorio a schierare la Cgil a fianco degli insorti di Budapest: salvo dover constatare l’indisponibilità del Pci di Togliatti a fare propria la posizione della più grande organizzazione dei lavoratori italiani. Dieci anni dopo, quindi, fu ancora lui, insieme col presidente delle Acli Livio Labor, a chiamare a raccolta tutte le energie nuove del sindacato – della Cisl, della Uil e della Cgil – per contrapporre alla prospettiva difensiva del “sindacato socialista” quella più ambiziosa dell’unità sindacale. Quel convegno, avrebbe scritto molti anni dopo Gino Giugni, “fu un evento politico che assunse l’aspetto di un vero e proprio miracolo”: un convegno in cui “non accadde apparentemente nulla, ma il fatto nuovo fu che il carrozzone dell’unità si mise in moto”. Quel carrozzone viaggiò fino al 1984, quando deragliò non per colpa di Lama, ma di chi gli fece fare la stessa fine di Di Vittorio: ed aiutò il paese a superare le tante crisi degli anni ’70, oltre che a stipulare nel 1969 un contratto, quello dei metalmeccanici, che non solo migliorò le condizioni economiche della categoria, ma ottenne il riconoscimento di nuovi diritti per i lavoratori. Oggi quel carrozzone oggi sembra tornato sui binari, ma stenta a trovare stazioni lungo il suo percorso: così come stentano a trovarle altri carrozzoni che partono dalle organizzazioni del terzo settore o anche da mobilitazioni spontanee della società civile. Dicono che sia conseguenza della “disintermediazione”, o della “fine delle ideologie”: ma è paradossale che, nella seconda Repubblica nata all’insegna del primato della società civile sulla partitocrazia, la politica si sia ridotta alla dimensione autoreferenziale di una “partitocrazia senza partiti”. Anche per questo la testimonianza di Fernando Santi è attuale più che mai. E più che mai è necessario l’impegno di organizzazioni come quella che tu presiedi. Buon lavoro, quindi, non solo per il convegno di domani, ma per le altre iniziative che l’Istituto Santi vorrà intraprendere nei prossimi mesi”. Roma, 27 ottobre 2019. Luigi Covatta”.


“Lunedì 28 ottobre 2019, alle ore 10,30, si è celebrato il cinquantenario della morte di Fernando Santi nei locali della Provincia di Parma a Palazzo Giordani in Viale dei Martiri della Libertà n. 15.
Nello stesso giorno ricorreva il 97° anniversario della marcia su Roma dei fascisti che Fernando Santi considerava una giornata di dovuto impegno antifascista da parte delle forze democratiche del Paese. C’è davvero bisogno, in questi tempi, di ricordare gli eccidi, le guerre, la tirannia, milioni di morti nelle guerre e nelle camere a gas dei regimi nazifascisti. Ricordare Fernando Santi significa anche dare a lui e al suo comprimario amico e compagno Riccardo Lombardi l’omaggio e la riconoscenza di tanti giovani che – dopo i primi anni del centro sinistra, finita la spinta propulsiva delle grandi riforme, con un PSI che si era reso ostaggio dei governi moderati e un PCI nel quale era ormai entrato il tarlo del compromesso con la DC che auspicava il suo ingresso nel centro sinistra per rigenerarlo – abbracciarono la linea dell’alternativa democratica e di sinistra, ancorché rinsaldare le file dei brigatisti e dei terroristi che imperversarono per diversi anni nel Paese. Oggi, dinanzi al progressivo e ormai ineluttabile sfilacciamento del PD, occorre far ricorso all’attualità del suo pensiero politico e al suo ultimo messaggio pubblico in occasione del Congresso delle Acli tenuto a Vallombrosa dal 28 agosto al 1° settembre 1968. Nel suo intervento, dopo aver evidenziato la necessità di portare a sintesi e ad unità politica la democrazia sociale e la democrazia socialista, nelle conclusioni evidenziava la necessità di “creare una forza politica non egemonizzata da parte di chiunque, garante e fedele ai principi della democrazia e della libertà, nel rispetto della coscienza di ciascuno e di tutti, capace di offrire una alternativa alla guida ed alla gestione moderata del potere. Ci sono, a questo fine, forze che si muovono in tutti i campi, in quello cattolico, in quello socialista, in quello comunista; queste forze costituiscono, possono costituire, una grande speranza per il domani”. Fernando Santi ben conosceva il DNA dei Partiti di questa possibile alleanza e temeva che taluno operasse per diventare forza egemone, marginalizzando prima ed escludendo poi aree culturali e politiche, la cui assenza avrebbe finito, come è poi avvenuto, per rendere litigiose e antagoniste le forze restanti, indebolendo così dapprima l’Ulivo e poi il PD, per il quale si è determinato da tempo un ineluttabile meccanismo per la sua disaggregazione. Fernando Santi, anche se può considerarsi tutt’ora antesignano dell’Ulivo, non ha parlato a Vallombrosa di un nuovo Partito politico, ma di una “forza politica” che mettendo assieme “forze che si muovono in tutti i campi, in quello cattolico, in quello socialista… possono costituire, una grande speranza per il domani”. Per questo concluderemo le celebrazioni del cinquantenario della morte di Fernando Santi propugnando il rilancio e l’unità delle forze politiche del centro sinistra, a cominciare da quelle del socialismo democratico, del socialismo liberale, della socialdemocrazia, che debbono rendersi protagoniste, anche in più articolazioni, per rilanciare in Italia una forza nei contenuti socialista e democratica, che sappia coniugare e portare a sintesi meriti e bisogni, valori del lavoro e dell’imprenditoria, garantendo benessere, libertà e democrazia, per essere punto sostanziale di riferimento delle forze del centro sinistra “In Europa e Oltreoceano”, come si chiama il movimento che prenderà vita e forma a Parma lunedì 28 ottobre 2019, per rinsaldare i valori del socialismo e una grande forza politica espressa dai Partiti e dai movimenti che si richiamano alla dottrina sociale cattolica, al socialismo democratico e più in generale ai valori del centro sinistra”. Luciano Luciani Presidente Istituto Italiano Fernando Santi.