Cosa resterà di questi anni Ottanta? Una domanda (e una canzone) diventata un anthem generazionale, che continua tuttora a riproporsi per dare senso al presente in relazione alle memorie passate. Eh sì: perché gli anni Ottanta hanno da spartire col nostro tempo il rifiuto delle ideologie, il generale clima di disimpegno, il costante rifugiarsi nelle pieghe della propria solitudine. E, sebbene i modi e le mode siano cambiati, la musica rimane sempre il leitmotiv prediletto per perpetuare il dialogo tra mondi a prima vista diversi, affinché quanto di prezioso c’è stato non vada perduto e, anzi, ritorni ad avere valore anche nei nostri giorni. In questo senso, Venuti dalle Madonie a cercar Carbone (Polygram, 1989) dei Denovo appare come una gemma di insolita bellezza, che ha tutto il diritto di essere preservata e riscoperta non soltanto in virtù delle suo aspetto qualitativamente elevato, ma anche per il valore simbolico ed emotivo che quest’album porta con sé. Perché? E, soprattutto, avete mai sentito parlare dei Denovo? In caso di risposta negativa, vi aiutiamo tempestivamente a correre ai ripari.

La copertina dell’album Venuti dalle Madonie a cercar Carbone
Partiamo con ordine: Catania, primi anni Ottanta. In una città e in un contesto lontani anni luce da quel fermento creativo che sta interessando principalmente Firenze, Bologna, Milano e Reggio Emilia, laddove suoni post-punk e new wave si pongono come fondamenta di nuovi gruppi (Litfiba, Diaframma, CCCP, Gaznevada, solo per fare qualche nome) e punti d’incontro (parliamo di locali come il Virus, il Tenax e il Manila), quattro ragazzi uniscono le loro passioni musicali – dal jazz di John Coltrane e Charlie Parker ai Police e ai Joy Divison, passando per i Beatles – per crearsi una propria strada. Mario Venuti – avete capito bene, proprio il Mario Venuti di Veramente e di Crudele – i fratelli Luca e Gabriele Madonia e Tony Carbone iniziano così a far sentire la propria voce oltre i confini insulari, imponendosi gradualmente a livello nazionale con un sound che richiama, secondo il giornalista Gianluca Bassi, “i Cure di Robert Smith pur privilegiando più concreti risvolti ritmici”. Dalla prima incisione ufficiale – l’EP Niente insetti su Wilma (Suono Records, 1984) – a Unicanisai (Kindergarten Records, 1985), loro album di esordio, fino a Persuasione (Kindergarten Records, 1987) e Così fan tutti (Polygram, 1988), i Denovo riescono a conquistare un personalissimo posto al sole nella scena underground nostrana, in cui melodie raffinate ed eleganti si legano ai testi scritti in italiano (aspetto non scontato per l’epoca) e rispettivamente interpretati da Mario Venuti e Luca Madonia. Il fatto che ognuno canti i propri pezzi costituisce “una formula sorprendente per l’epoca […] addirittura per certi versi spiazzante. Un fatto per niente usuale in una piccola formazione di artisti giovanissimi e senza alcun produttore alle spalle che potesse suggerirgli uno schema di facciata” (Jonathan Giustini, Tempi di libero rock. La storia dei Denovo e della Catania rock).
Nei dieci brani che compongono l’album, anche le differenze compositive tra i due leader dei Denovo sembrano apparentemente appianarsi, pur risultando nitide: mentre Luca Madonia predilige sfumature più liriche (basti pensare a versi come “mi tingerò la tela a pois/ per chiudere i buchi che/ fanno intravedere un po’ di me”, Lysoform – Chi sono io) ed enigmatiche (“Non ti mettere in nero mai/ tanto si sa chi sei/ho soltanto bisogno di una prova di onestà”, Non ti mettere in nero), Mario Venuti lascia trasparire uno stile più schietto ma mai superficiale: in Promessi sposi, ad esempio, la trepidante attesa di uomo in procinto di compiere il grande passo è addolcita dal profumo dei fiori e dalla tenerezza delle piccole cose (“Gentilmente, questo sentimento/ mi comanda, vive alle mie spalle/ ed ora scompare così/ anche l’ultimo dubbio in te”). Eppure, anche l’amore può diventare una forza oscura e difficilmente decifrabile: e se per Luca Madonia le incomprensioni di coppia nascondono un conflitto ideologico più profondo (“Non vorrai sentire la mia idea perché hai paura che sia giusta”, Non ti mettere in nero), per Mario Venuti la fine di una relazione segna un taglio netto anche tra epoche storiche (“È l’ora di capire che ogni cosa/ ha un inizio ed una fine/ e adesso quel gioco è finito per sempre […] poi venne un’ansia di successo/ a farci così grigi e pensierosi/ perdemmo le distanze/ non ero più curioso di niente”).
Giunti al culmine di un percorso intensamente condiviso, i Denovo si separano, quasi subendo gli effetti di quella crisi sociale e politica che, in poco tempo, avrebbe mutato per sempre il volto del nostro paese. A 30 anni di distanza dalla pubblicazione di Venuti dalle Madonie a cercar Carbone rimane la delicata malinconia di un tempo che non ritornerà mai. Ma anche il fascino di una musica che ha ancora molto da dirci.
Fonte immagine di copertina: sito ufficiale di Mario Venuti
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di Mariaelena TucciUn articolo su:
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