Amato: Madonie a doppia trazione turistica: casualità o miopia?

Siamo giunti alla fine della stagione estiva che, come l’anno scorso, si attesterà con cifre positive (aspettiamo i dati ufficiali) riguardo alle presenze turistiche nel nostro territorio.
Un plauso giunge quindi ai tanti operatori del settore, ai privati e alle Amministrazioni che hanno reso attrattive le diverse località nelle quali i villeggianti si sono riversati.
Ma credo occorre fare alcune considerazioni.
La prima considerazione è che il turismo porta con sé un forte potenziale occupazionale, per questo c’è bisogno di una visione integrale sull’intero territorio. A tal proposito mi permetto di dire che anche il linguaggio è importante, quindi continuare a parlare di “Cefalù e Madonie” significa dare manforte alla tentazione che le due realtà siano da considerarsi indipendenti.
Ed ecco la seconda considerazione. E’ innegabile che la costa costituisca un forte attrattore turistico con il suo epicentro nella cittadina normanna che sempre più si allinea (con i dovuti distinguo) alle grandi mete turistiche siciliane quali ad esempio Monreale, Palermo, Siracusa, Taormina, non a caso tutte le strutture ricettive negli anni, fino ad oggi, si sono sviluppate nella zona costiera.
A questo punto mi pongo una domanda: queste scelte sono frutto di una richiesta della clientela o frutto di un’offerta esclusiva dei privati che investono? In poche parole il turista che viene cerca solo il mare, oppure, i privati sapendo che su queste mete il turista spende di più hanno guardato solo al profitto e non all’offerta?
Perché è difficile ascoltare pontificali sulla bellezza del territori, sulla valorizzazione dei luoghi, e sull’amor di patria e poi assistere sistematicamente al dirottamento dei flussi turistici con le escursioni verso mete che sono già di per sé un attrattore indipendente.
Ancora in poche parole, il turista che vuole vedere Taormina ci va indipendentemente dall’escursione organizzata dalle strutture alberghiere, al contrario non raggiunge autonomamente i paesi delle aree interne che rimarranno ai più sconosciuti, se non a quei visitatori “fai da te” che, a volte, vi si imbattono per caso.
Io credo che la scelta non sia casuale, ma sia frutto di una miopia imprenditoriale che ben viene celata dagli incassi positivi di fine stagione.
Ancora una volta le aree interne vengono penalizzate se non addirittura dimenticate e, insieme ad esse, un immenso tesoro artistico-culturale, prodotti di qualità ed eccellenze gastronomiche che diversamente potrebbero trarre vantaggio da una circolazione maggiore delle presenze, permettendo anche ai Comuni e ai privati di migliorare i servizi.
Inoltre la ricaduta occupazionale, al momento inesistente se non per lavori stagionali o a chiamata, potrebbe essere maggiore sull’intero territorio se si avvia un percorso sinergico che stimoli anche la politica a dare risposte concrete su temi essenziali quali la viabilità, le infrastrutture, i trasporti pubblici, la formazione dei giovani all’impresa.
Quindi questo settore al momento presente, per il territorio madonita e soprattutto per le aree interne, rimane il grande elefante che ha partorito un misero topolino.
Don Giuseppe Amato
Responsabile diocesano
della Pastorale Sociale e del Lavoro

redazione

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