Ma quante cose strane dobbiamo vedere ancora? Ci siamo assuefatti al nulla, “al cortile di piazza” altro che agorà, i nostri antenati si rivolterebbero dalla tomba se sentissero le “stramberie” che accadono nella gestione della cosa pubblica, azioni degne di show, il linguaggio dei politici sciatto e diffusa impreparazione in molti. Ma da chi siamo governati? Irene Tinagli, economista, con esperienza di legislatura dal 2013/2018 presso la camera dei deputati, ha pubblicato nel gennaio di quest’anno un libro “intelligente” che tuttavia sarebbe in alcuni punti meglio non conoscere, visto i risvolti poco felici che ci fa conoscere meglio e che sono sotto gli occhi di tutti : “La grande ignoranza. Dall’uomo qualunque al ministro qualunque, l’area della incompetenza e il declino dell’italia”, il titolo del libro, parla da sé, lo dovremmo leggere o quanto meno dovremmo averne sentore perchè in modo scientifico viene analizzata la nostra classe politica dal 1948 ad ora attraverso i curricola dei nostri parlamentari, le loro esperienze, la loro reale e fattiva presenza in parlamento. Uno dei dati più rilevanti e contrastanti nello stesso tempo è che esiste una discordanza tra grado d’istruzione generale che si è notevolmente alzato rispetto al passato e il grado d’istruzione dei nostri parlamentari.
Nel 1948 , il 90% dei deputati era formato da laureati, oggi dal 70%, non che la laurea sia un deterrente del buon operare, ma presuppone che si abbia maggiore “conoscenza”, anche se in questo la Tinagli è chiara, conoscenza, non equivale al saper ben fare, il ben fare dà il senso della rappresentanza, non si ottiene consenso, solo sul possesso delle conoscenze, ma sul saper operare bene.
Abbiamo bisogno non solo di teste piene diceva Morin , ma di teste ben fatte.
La nostra classe politica oggi è fatta dalla presenza di molti più giovani che non in passato, ma molti di questi giovani sono reclutati più che per meritocrazia, per fedeltà ai leader, militanza al partito e non all’idea dello stesso partito. E’ più facile circondarsi di gente che “esegue” che non gente che pensa e che se è il caso contesta le idee.
C’è un rinnovamento anagrafico, ma non qualitativo, non avendo sempre, strumenti per argomentare scientificamente e con tecnica, tutto resta invariato . Per cui abbiamo, da quello che scrive la Tinagli, una classe politica carente, incapace di traghettarci nella complessità, ed in un sistema europeo sempre più articolato.
I nuovi politici parlano più con l’uso dei social, tweet che non attraverso lo studio delle carte e la dovuta documentazione tecnica.
Sui social si dice tutto ed il contrario di tutto, Camilleri si era espresso dicendo che l’italia è in mano agli ignoranti, tutto questo deve spaventarci perchè pregiudica l’attenzione alle scelte sagge, prediliggendo quelle improvvisate che non ci porteranno mai da nessuna parte, manca la fatica del pensare, progettare e ricercare le soluzioni, non solo ipotizzarle o sbandierarne possibili contenuti senza piani di fattibilità.
C’è un’attenzione parziale continua, siamo perennemente distratti, argomentare è dei pochi, perchè davvero in pochi sanno farlo, per argomentare devi conoscere, sapere e saper fare.
Bisogna ritrovare la capacità di pensare con una nuova grammatica e sintesi nuova.
Sicuramente ci sono giovani molto motivati , non è certo la laurea che fa essere un uomo migliore dell’altro, avere delle conoscenze e competenze fa la differenza, ma quello che conta è il bagaglio di esperienze accumulate nel tempo, il confronto con quello che è la progettazione, la capacità di gestire le geometrie variabili delle scelte.
Abbiamo bisogno di gente che tuteli l’interesse di tutti.
Ecco il politico reale è colui il quale ci dà l’idea di essere davvero un nostro rappresentante, perchè conosce i bisogni, li interpreta, decodifica i segnali deboli e le risorse dei terrori, quindi pianifica azioni mirate d’intervento, sogna, perchè la politica ha bisogno di sognatori ancora, ma anche di gente che sappia camminare a lungo non solo su autostrade metaforicamente parlando, ma su strade difficili, impervie dove da padrona faccia il senso alto di responsabilità verso il bene comune.
Per fortuna esistono ancora isole felici, nei nostri paesini ancora si notano forme di entusiasmo nuovo che ci danno speranza, ma c’è ancora molto, molto da fare, non facciamo disperdere le menti pensanti, quelle sono risorse preziose, che ancora possono darci la speranza di offrire cambiamenti importanti.