Giornale di Sicilia, no allo spostamento della produzione a Messina. Da Cgil e Slc appello alle istituzioni, all’intellighenzia, all’Università per una forte mobilitazione in difesa del quotidiano e dei posti di lavoro

Giornale di Sicilia, no allo spostamento della produzione a Messina. Da  Cgil e Slc appello alle istituzioni, all’intellighenzia, all’Università per una forte mobilitazione in difesa del quotidiano e dei posti di lavoro 

“La vertenza sul futuro del Giornale di Sicilia diventa sempre più drammatica. Annunciare 31 esuberi su  43 vuol dire di fatto uccidere la sede di Palermo come centro di produzione. L’intento è quello di spostare tutto a Messina. In un momento così delicato, in cui i temi dello sviluppo del Mezzogiorno diventano centrali, spegnere un centro di produzione di un settore così importante dell’informazione è un segnale d’allarme che non può passare inosservato”.
   Lo dichiarano i segretari generali della Cgil Palermo e della Slc Cgil Palermo Enzo Campo e Maurizio Rosso, che  chiedono “un segno forte delle istituzioni,  dell’intellighenzia, dell’Università per una mobilitazione significativa per  far rimanere  la produzione del Giornale di Sicilia a Palermo e per garantire i livelli occupazionali”.
    Ieri durante l’incontro tra la proprietà e i sindacati, l’Slc ha ribadito ancora una volta il suo  fermo ai i licenziamenti  di tre quarti dei poligrafici.  “Riteniamo che le istituzioni debbano intervenire – proseguono Campo e Rosso – e scriveremo una lettera al presidente della Repubblica, fiduciosi  che dal capo dello Stato possa giungere un segnale  in direzione della salvezza di una azienda  tanto prestigiosa,  in prima linea nell’informazione e nella lotta contro la mafia, la corruzione, il  malaffare e per lo sviluppo della Sicilia”.   
     “Siamo coscienti che le nuove tecnologie stanno portando grossi cambiamenti nei processi produttivi  ma chiediamo – aggiungono Campo e Rosso – una classe dirigente  lungimirante che nei suoi piani industriali trasformi le innovazioni tecnologiche in opportunità di occupazione e di crescita e non in una ghigliottina per i lavoratori.  Come nell’Ottocento inglese quando, durante la rivoluzione industriale, si bruciavano i telai meccanici pensando che si sarebbero salvati i posti di lavoro degli operai. Siamo sicuri che anche i giornalisti condurranno una battaglia all’unisono,insieme ai poligrafici,  consapevoli della drammaticità della crisi”.

Redazione

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