I lavoratori forestali e il rischio delle zecche. Intervista al Presidente del Comitato Provinciale Inail di Palermo, Michelangelo Ingrassia

Da più parti era stato segnalato il rischio di esposizione al pericoloso morso della zecca di alcune categorie di lavoratori tra cui i forestali. Ne parliamo con Michelangelo Ingrassia, Presidente del Comitato Consultivo Provinciale Inail di Palermo intervistato dal blogger Michele Mogavero.

Ingrassia, il rischio del morso da zecca è sempre esistito ma soltanto adesso se ne parla insistentemente: allarmismo o pericolo reale?
Il pericolo è reale. La frequenza e la gravità del rischio sono in aumento a causa di una maggiore diffusione delle zecche e delle malattie infettive da loro trasmesse. Una diffusione dovuta, come altri rischiosi fenomeni, ad una serie di interventi dell’uomo sulla natura che stanno pericolosamente alterando e sconvolgendo il nostro contesto ambientale.

Dunque aumenta il rischio per i lavoratori forestali?
Indubbiamente e non solo per essi ma per tutte le categorie che lavorano a contatto con l’ambiente. Si è recentemente formata una consistente letteratura in materia che il Comitato sta studiando in quanto le zoonosi trasmesse da zecche rappresentano uno dei molteplici rischi riemergenti che insidiano la sicurezza sui luoghi di lavoro.

Qual è la forma di contrasto più efficace?
Secondo la letteratura epidemiologica, per le malattie trasmesse dalle zecche non è disponibile un trattamento specifico. La vaccinazione è senz’altro la forma di prevenzione più efficace. Alla luce delle indicazioni previste dal Dlgs. 81/08, per i lavoratori forestali, così come per tutti i lavoratori dei campi, dei boschi, dei parchi, degli allevamenti, dovrebbe essere raccomandata la profilassi attiva mediante la vaccinazione contro l’encefalite virale da zecca, ossia la TBE. Personalmente credo che il vaccino contro la TBE, in commercio in Italia soltanto dal 2006, debba essere obbligatoria per i lavoratori esposti al rischio; attualmente è consigliata dalle strutture sanitarie. Proprio su questo punto ho già avviato una indagine conoscitiva e in attesa dei risultati ho avuto una interlocuzione con le organizzazioni sindacali di categoria rappresentate in seno al Comitato per preannunciare le iniziative da intraprendere ad indagine conclusa. 

È possibile un’anticipazione sull’esito delle indagini?
Al di la dello studio delle norme e degli esiti dell’indagine, penso che gli assessorati regionali del Territorio e delle Risorse Agricole, magari attraverso una convenzione con l’assesorato della Salute, debbano farsi carico dell’immunoprofilassi garantendo, ai lavoratori che ne fanno richiesta, la somministrazione gratuita del ciclo vaccinale. È l’orientamento espresso anche dai rappresentanti delle tre organizzazioni sindacali rappresentate al Comitato. Ribadisco, però, la necessità di non fare demagogia sulla questione e di trovare soluzioni efficaci e razionali, alla luce dell’indagine conoscitiva in corso.

Concludendo, nell’immediato cosa si può fare?
Si può attivare la prevenzione chimica e quella meccanica, come suggerisce un documento pubblicato dall’Inail recentemente, e anche qui il Blog può essere uno strumento importante. Bisogna ricordare ai lavoratori di indossare sempre scarpe chiuse e pantaloni lunghi, calzare stivali in gomma, chiudere con più giri di nastro adesivo la parte apicale dello stivale con il pantalone avendo cura di fare in modo che gli ultimi due giri di nastro presentino verso l’esterno la parte adesiva in modo da interrompere l’ascesa di eventuali zecche. Occorre infine impregnare di repellente tutti gli indumenti di lavoro perché l’impregnazione impedisce alle zecche di fissare l’apparato buccale nella cute; infatti le zecche, considerata la lunga permanenza sui tessuti trattati, muoiono; efficace, inoltre, cospargere le parti scoperte del corpo con un repellente idoneo e specifico per la cute.

redazione

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