Il Torneo Sei Nazioni si è chiuso in questo 2019 con l’ennesimo cucchiaio di legno per l’Italia, il quarto di seguito (l’ultima vittoria degli Azzurri nella competizione è del 2015).
Un risultato disastroso che è stato attribuito dai commentatori alla mancanza di un progetto organico della Federazione per la crescita del movimento, che si riflette nella scarsità di professionisti allevati nei vivai italiani. Tutti i talenti della Nazionale si sono infatti formati all’estero, dal capitano Sergio Parisse che milita nello Stade Francais Paris Rugby a Jake Polledri, che invece lavora in Inghilterra, passando per Braam Steyn (formatosi in Sudafrica) e Dave Sisi (cresciuto in Inghilterra), fino ad arrivare a Sebastian Negri (formatosi tra Sudafrica e Inghilterra) e Tiziano Pasquali (formatosi tra Scozia e Inghilterra). Anche la tradizione dei club non è di certo la più fiorente, con la Benetton Treviso come squadra d’eccellenza in un panorama piuttosto scarno, senza altri club realmente competitivi oltre a quello di proprietà della famiglia Benetton.
A causa dei risultati scadenti, anche il pubblico che assiste alle partite del Sei Nazioni dagli spalti di Roma è in calo: nell’edizione di quest’anno, erano attesi 150.000 spettatori e non ne sono stati raggiunti più di 130.000, tra cui migliaia di stranieri in visita a Roma per turismo.
Nel frattempo, sono in molti in Europa a chiedere la retrocessione dell’Italia, ma almeno fino al 2024 l’Italia resterà legata al Guiness Sei Nazioni.
Nonostante il cucchiaio di legno, le statistiche non sono del tutto sfavorevoli all’Italia: con 79 punti segnati e 167 subiti, la differenza negativa è pari a 88 punti, meno di quelli delle precedenti tre edizioni. Per questo, il tecnico Conor O’Shea ha parlato di potenzialità e di un torneo con “tante cose positive per noi”. E ha inoltre aggiunto:
“Credo tantissimo in quello che questo gruppo può esprimere nella singola partita. (…) La nostra forma fisica è migliorata, siamo maggiormente in grado di mantenere il livello durante gli ottanta minuti, ma ci manca ancora la capacità di concedere meno agli avversari. (…) Però, se ci pensiamo, solo un paio d’anni fa ci trovavamo a riflettere su come poter riuscire anche solo a stare in partita. E tutti ci dicevano: dovete giocare di più il pallone! Ma non potevamo, e se lo facevamo eravamo spacciati. Ora invece possiamo mantenere il possesso, non scompariamo negli ultimi 10/15 minuti, e gli avversari lo sanno. Certo, facciamo ancora errori, ma è una questione mentale.” (Qui il testo completo dell’intervista)
E mentre l’Italia pensa a come digerire l’ennesimo Sei Nazioni disastroso, sono già state rese ufficiali le date del torneo 2020, in cui i bookmaker danno per favorite Inghilterra, Irlanda e Galles, con l’Italia fanalino di coda anche nel mondo delle quote.
Nella prossima edizione l’esordio degli Azzurri sarà a Cardiff contro i trionfatori del Sei Nazioni 2019. La partita contro il Galles si svolgerà il 1° febbraio 2020, mentre la seconda data sarà 8 giorni dopo in Francia. Il 22 febbraio si torna a giocare all’Olimpico contro la Scozia, mentre il 7 marzo si vola in Irlanda. Per l’Italia il torneo si conclude il 14 marzo nell’ultima partita da giocare contro l’Inghilterra.

Una squadra che c’è e che continua a crescere: la Nazionale femminile
Non tutto è perduto per il rugby italiano. Se la Nazionale maschile continua a deludere, le compagne della compagine femminile stanno invece ottenendo risultati storici. Se ne parla poco, ma le campionesse azzurre hanno chiuso il loro Sei Nazioni con un risultato che non si era mai visto, al secondo posto dopo l’Inghilterra, con il merito ulteriore di aver battuto la Francia detentrice del titolo. Negli ultimi anni, le azzurre di Andrea Di Giandomenico hanno intrapreso un percorso di miglioramento che le ha rese sempre più competitive e pericolose per le avversarie. La Nazionale italiana ha sostituito la Spagna nel torneo nel 2007 e, da allora, ha ottenuto almeno una vittoria in tutte le edizioni tranne una. Vincendo contro la Francia, è entrata di diritto nel ranking mondiale, piazzandosi sesta tra USA e Australia.
C’è dunque speranza per il rugby italiano, e non lo dicono solo le azzurre. Anche gli Azzurrini del torneo Under 18 hanno ottenuto buoni risultati, arrivando penultimi. Sarà perciò importante che la Federazione raccolga questi segnali e lavori affinché non vadano dispersi, nonostante il rugby mainstream sembri andare in tutt’altra direzione.