Il presidente del Fernandi Santi scrive al capo Dipartimento Regionale della Pesca Mediterranea

A Dario Cartabellotta

Capo Dipartimento Regionale della Pesca Mediterranea

Caro Dario,sento il dovere di riferirti quanto segue.

In ogni luogo ove ho avuto modo di incontrare pescatori, o più significativamente rappresentanze associative dei pescatori, particolarmente quelle meno strutturate, ho avuto modo di raccogliere apprezzamenti per il lavoro da te svolto e nel contempo sentire lamentele in ordine alla complessità dei bandi FEAMP e alla conseguente rinuncia a presentare proposte progettuali.

Da tempo ho avviato una riflessione critica sul lavoro politico svolto dalla mia generazione, che si è battuta per il decentramento dei poteri dallo Stato agli Enti Locali e per la creazione di Agenzie territoriali per lo sviluppo dei diversi territori.

Una cosa è certa: i poteri sono stati decentrati, ma le procedure non sono state snellite e gli adempimenti burocratici sono aumentati, in talune circostanze addirittura sono diventati più complessi.

Ciò ha finito, paradossalmente, per creare ulteriori squilibri: mentre a livello centrale si dispone di strutture di eccellenza e di comprovate competenze ed esperienze, a livello locale, a parte le più pressanti pressioni politiche, si è finito spesso per mettere in mano GAL, GAC, Agenzie di Sviluppo a taluni tecnici spesso improvvisati, che impadronendosi delle procedure hanno finalizzato la loro azione a perpetuare il loro ruolo e a marginalizzare possibili competenze che avrebbero potuto rendersi a loro alternative.

Più recentemente, ho avuto modo di esaminare una bozza che è filtrata da ambienti istituzionali, riguardante la misura  1.29 “ Promozione del capitale umane, creazione di posti di lavoro e del dialogo sociale”.

Ho letto innumerevoli ed estenuanti adempimenti per avviare un corso destinato a 15 operatori della pesca per una spesa di 13.000€, solo in parte cofinanziata.

Ho letto di complesse documentazioni contabili, di fatture datate e quietanzate con complessi rituali, di intensità di aiuti connessi ad “ interesse collettivo “o a “ beneficiario collettivo”, che marginalizzano nuove ed emergenti imprenditorialità non aderenti a forme associative, di consulenze e perizie tecniche e finanziarie per la verifica della congruità dei costi, tre preventivi di spesa confrontabili, prodotti da soggetti indipendenti, per la consulenza tecnica e finanziaria ecc., e dulcis in fondo, di semplici attestazioni di partecipazione dei soggetti partecipanti al corso/ attività formativa.

A mio parere, la misura 1.29 che prevede la spesa di 1.500.000€ per favorire lo scambio di buone pratiche, la partecipazione delle donne ai poteri decisionali, l’accrescimento della competività e il rendimento economico della pesca e delle attività marinare, rischia che sia fagocitata, magari solo in parte, dai soliti noti che sanno destreggiarsi nel labirinto della burocrazia, marginalizzando risorse umane che hanno bisogno e richiedono la promozione del capitale umano.

Mi limito pertanto ad evidenziare che il più consistente fondo dell’UE, il Fondo Sociale Europeo, prevede un modello più semplice di spesa per le attività formative da svolgere, attraverso l’unità di costo standard che sostanzialmente punta a rimborsare i costi, che necessariamente gravitano sull’Ente erogatore le attività formative, secondo modelli standard, snellisce la revisione contabile amministrativa, ma verifica giornalmente le attività svolte  e le presenze  in aula, nonchè i risultati dell’apprendimento attraverso esami e verifiche finali.

Con questa procedura finalmente in Sicilia si è reso possibile contrastare il fenomeno dei corsi fantasma.

Luciano Luciani

Presidente Istituto Italiano Fernando Santi

Redazione

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