Siccità, crolla la produzione di grano duro siciliano E le piogge di giugno potrebbero dare il colpo di grazia

Siccità, crolla la produzione di grano duro siciliano
E le piogge di giugno potrebbero dare il colpo di grazia

Prima la siccità che ha influito pesantemente sulla resa quantitativa, poi le troppe piogge tardo primaverili che potrebbero danneggiare il già esiguo raccolto con funghi e muffe: rischia di essere un’annata disastrosa quella del grano duro siciliano. Dai primi raccolti arrivano infatti dati abbastanza sconfortanti, con un crollo medio della resa per ettaro che si attesta sul 40%, anche se la qualità resta mediamente buona se non eccellente. Il raccolto andrà ancora avanti ancora per qualche settimana, ma si può già fare un primo bilancio che tiene conto anche dei prezzi, al momento bassissimi, sotto i costi di produzione, ma che sono destinati a salire visti anche gli scenari internazionali.
I dati sui primi raccolti dalla Cia Sicilia Occidentale nell’isola, dove ci sono oltre 70 mila produttori, vanno a macchia di leopardo. Cambiano da zona a zona vista la grande varietà geomorfologica e climatica. Si va dal disastro annunciato della parte bassa della provincia catanese, colpita duramente questo inverno dalla siccità al momento della semina e germogliatura, dove si sono registrati cali del 75%, con una resa di appena 7 quintali per ettaro, ad alcuni areali – vere e proprie “mosche bianche” – come alcuni campi tra le province di Palermo e Trapani dove si registra un’ottima produzione che ha toccato i 60 quintali.
Ma si tratta di eccezioni. Nel corleonese, ad esempio, tutto è stato sfavorevole quest’anno: dalla grave siccità autunnale e invernale, al freddo anomalo arrivato in primavera fino alle grandi piogge di giugno che minacciano lo svilupparsi di muffe e funghi. La produzione qui si è ridotta del 50% rispetto al dato medio, a risentire delle condizioni meteoclimatiche avverse è anche il foraggio che, una volta raccolto, è stato soggetto a piogge che lo stanno rovinando e deprezzando.
Nell’agrigentino, invece, dove nel corso degli ultimi mesi oltre alla siccità hanno pesato gli sbalzi termini e il freddo tardivo, dai 45 quintali si è passati a 28-30, sempre per ettaro. I primi raccolti sono già stati sottoposti ad analisi che hanno rivelato una qualità “eccellente” per presenza di proteine e colore. I coltivatori di questa, come delle altre zone, sperano adesso che non piova più: la pioggia, in questo periodo, può portare allo “sbianconatura” del raccolto influenzando negativamente sull’aspetto e il colore del prodotto, che per questo può perdere valore.
Nell’ennese, provincia ad alta vocazione cerealicola, i numeri cambiano anche a distanza di pochi chilometri. La resa media di grano duro nella parte sud normalmente è di 35 quintali, le mietitrebbiatrici hanno portato a casa 20 quintali a ettaro, resa che si è abbassata a 15-17 per il prodotto coltivato in regime biologico. E’ andata meglio nella zona nord, anche al confine con la provincia catanese, dove si sono toccati i 40 quintali, mentre nell’agro di Aidone la resa è stata di 30.
Il quadro generale, per una delle colture principali dell’Isola, non è quindi dei migliori. Adesso c’è da giocarsi la partita dei prezzi, al momento molto bassi: la quotazione attuale varia tra i 177 e i 192 euro a tonnellata, ben al di sotto dei costi di produzione che oscillano tra i 220 e i 250 euro per ettaro. “Siamo fiduciosi che i prezzi possano salire e quantomeno ripagare i costi di produzione”, commenta Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale. “La quotazione attuale riguarda l’invenduto dello scorso anno, adesso per il nuovo raccolto molti fattori dovrebbero essere a nostro favore, visti anche gli scenari internazionali e i problemi di siccità avuti anche in America e Russia. I nostri agricoltori non demordono, fanno sempre la loro parte nonostante le avversità. Serve invece più attenzione nei loro confronti sui pagamenti dei fondi a disposizione con il PSR. L’Agea, l’ente pagatore, deve cambiare passo, non è possibile aspettare ancora i pagamenti per i bandi di 2-3 anni fa, perché si mette a fortissimo rischio la loro sopravvivenza”.

redazione

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