Primo maggio la festa dell’uomo che si ferma a pensare sul valore del lavoro

Parliamo ancora di lavoro nelle sue tante sfaccettature nel giorno in cui lo celebriamo, nel bene e nel male. Ogni anno è un’occasione per fare un bilancio di ciò che si è fatto e di ciò che si deve ancora fare. Inutile ribadire che pur essendo un diritto, il lavoro, non è affatto garantito, da ciò si deduce che siamo ben lontano dal poter dire che viviamo in uno stato garantista, al di là del fatto che venga citato nella costituzione, come uno dei suoi fondamenti. L’Italia continua ad essere un paese di grandi contraddizioni e non possiamo non rammaricarci di questo, soprattutto per le nuove generazioni e per le intelligenze che sono costrette ad andare fuori dal proprio paese per potersi esprimere, togliendo risorse umane e capitale sociale che renderebbe più ricco il nostro paese se permettesse ai suoi giovani di esprimersi . Del lavoro, si parla, si scrive, si pensa, averlo ci porta a vivere quella condizione che papa Giovanni xxx III, diceva ci unge di dignità. Nel lavoro l’uomo esprime la sua capacità, il suo ingegno, la sua creatività, è uno strumento di gratificazione umana, oltre che mezzo per procurarsi da vivere. Nel lavoro si esplicitano norme, modelli di comportamento, capacità relazionali, organizza il tempo ed il progetto di vita. Quando si perde il lavoro si creano inevitabili forme di instabilità psicologica e difficoltà a costruire percorsi coerenti con la propria esistenza, con tutte le tragiche inevitabili conseguenze. Quando si è coerenti con la propria propensione di vita, si finisce per amare ciò che si realizza, come Geppetto che realizzando il suo pinocchio, realizzò non solo un oggetto, ma qualcosa che amava, fu talmente perfetta l’opera realizzata da diventare bambino, il significato simbolico di ciò è altissimo, un bambino và aiutato, sostenuto, protetto, guidato, quando si può realizzare ciò in cui si crede il lavoro attiva tutto questo, in una parola la sua cura. Il lavoro và tutelato in tutte le sue forme, dobbiamo essere contrari a qualunque forma di sfruttamento e schiavismo. La storia ha dato esempi di uomini e donne che si sono battutti per garantire una vita migliore al lavoratore, Iqbal è l’esempio dei bambini che si sono ribbellati allo sfruttamento del lavoro minorile, ma ancora molte cose non sono risolte. Chissà perchè abbiamo una memoria molto corta. Un pensiero ai sindacati perchè non si dimentichino il motivo per cui sono nati, alcune volte sembrano essere veramente lontani dalla classe dei lavoratori. Ci sono ancora forme di schiavitù inaccettabili, bambini usati, in tante parti del mondo, donne-madri a cui non sono garantite tutte le forme di tutela. Passi avanti ne sono stati fatti ma ancora c’è tanto da fare, il lavoro non può essere ne usato come scambio di voti, ne motivo di ricatto. Oggi tenersi un posto di lavoro è diventato sempre più difficile, ed è sempre più raro avere la fortuna di fare ciò per il quale abbiamo studiato. Il primo maggio si festeggia sempre nonostante tutto, festeggiare, ricordare anche se col sapore di amaro in bocca è sempre meglio che non farlo e vivere in una condizione di alieni, di chì si accontenta di tutto e non si ferma neanche un giorno a pensare, perchè secondo me la festa del primo maggio dovrebbe essere questo “momento di riflessione”. Ci auguriamo che quella briciola di seme pensante che è nell’uomo non si fermi mai di accendersi dinnanzi al rispetto del diritto e della dignità. Che ciascuno festeggi o non festeggi se non ha nulla di festeggiare, ma che sia tuttavia presente con le idee che porta avanti, solo il confronto fa crescere, non festeggiare è anche un dissentire verso quello che non è stato raggiunto, meglio che l’indifferenza dei molti e che ha permesso il dilagare del nulla.
Sabrina Miriana

Redazione

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