Si avvicina il 3 maggio e la Sicilia si profuma di rose e preghiere. Maggio è un mese particolare, in molte cittadine e paesi viene celebrato la festa del Santissimo Crocifisso. La leggenda narra che il 3 maggio del 335 d.c, Sant’Elena, madre di Costantino avrebbe assistito in Palestina al ritrovamento della santa croce, da allora il tre maggio si onora la croce, portandola in processione per quella data. La festa è molto sentita, ricordiamo tra tante , sebbene sarebbe corretto poter menzionarle tutte, ma sono tantissime, la festa del Crocifisso di Geraci Siculo, festa scevra da qualsiasi riferimento folcroristico. Per chi è madonita o del luogo è un richiamo a cui non si può mancare. La festa del Crocifisso è la festa del trionfo della devozione, la respiri quel giorno ovunque, nelle stradine linde, negli sguardi della gente, ognuno nel cuore custodisce un pensiero, è uno snocciolarsi vivente di una coroncina del rosario,che non lascia indifferente nessuno. La scultura lignea del XVII secolo sfila per le stradine del paese portato in spalla dai devoti, donne e uomini in maniera composta avanzano, tenendo in mano una torcia da cui scendono dei nastri bianchi che sventolano al vento rendendo suggestivo nel silenzio delle parole, il senso della preghiera. I bambini tengono delle coroncine in testa e gridano una frase che si ripete per tutta la processione “pane e paradiso, nostro Signore”, ad ogni urlo innocente di questa frase senti vibrare le corde più profonde del cuore, chi oggi come sempre non desidera essenzialmente due cose : il pane quotidiano ed un po’ di pace. La festa è di una meraviglia indescrivibile, protagonisti i volti della gente, dei devoti che per l’occasione vengono da lontano. Pensando alla festa pensiamo al senso della pietà. Le campane che suonano rintoccano echi di compassione umana, Dio non ci abbandonare, sembra sentirsi nell’aria, miseri mortali siamo, sii presente nelle nostre necessità. Nella teologia cristiana la pietà è uno dei sette doni dello Spirito Santo, una disposizione d’animo che gli permette di rivolgersi alla divinità chiamandolo padre. La pietas non è solo una virtù, ma un sentimento che si prova dinnanzi alla sofferenza ed infelicità altrui. La pietà dal latino pietas è un sentimento che induce amore, compassione rispetto per le altre persone, il significato attuale della parola non corrisponde al significato del termine da cui deriva. La parola pietas degli antichi era amore patriottico, rispetto verso la famiglia, vedi nell’Eneide, Enea come incarna tutti questi valori nella fuga da Troia , si fa carico di portare il padre nelle spalle simbolo della storia e il figlio Ascanio per mano, simbolo del futuro. Cos’è la pietà oggi? Esiste ancora il senso della pietà? O siamo forse annientati, annichiliti dal nulla. Siamo ancora in grado di provare un brivido di compassione verso il prossimo che ci tende una mano per l’elemosina, la donna che sbarca nella nostra terra dopo un viaggio di terrore in un mare pieno di insidie e pericoli, il disoccupato che perde lavoro, casa, spesso anche gli affetti, l’uomo che si è ammalto, che prima bastava a se stesso ora è solo un vecchio ricordo di cosa sia essere uomo. Dov’è finità l’umanità? Dobbiamo riscoprire l’umanesimo della fragilità, la fragilità non è debolezza, ma essenza che ci ricorda l’attenzione che dobbiamo avere verso l’altro. Continuamo a non capire quanto siamo fragili, che nessuno si senta invulnerabile e talmente presuntuoso da non avere mai bisogno degli altri, se solo riuscissimo a capire questo, non smetteremmo solo un’attimo di ricordarci che oggi l’altro ha bisogno di me, domani potremmo essere noi ad avere bisogno. Pietà di noi Signore, perchè spesso ci dimentichiamo che siamo solo uomini.

Sabrina Miriana