Don Amato: L’ora legale … sdegno e coraggio

Caro direttore,

come me, in tanti, in questi giorni ci siamo recati al cinema per gustare qualche attimo di spensieratezza con l’immancabile simpatia degli attori Ficarra e Picone. Le attese non sono state deluse e, aldilà della mediocre recitazione di alcuni attori, i personaggi principali hanno sfoggiato simpatia, ironia e bravura nel saper marcare anche gli aspetti più melodrammatici della realtà.
A mio avviso non si può dire lo stesso del messaggio del film. Ancora una volta ci siamo trovati a ridere scioccamente di un etichetta pesantemente cucita sulla pelle della nostra Sicilia e sulla morale finale che lascia l’amaro in bocca soprattutto in quegli spettatori che guardano il film con un pizzico di spirito critico. Il messaggio finale è: in fondo siamo senza speranza, anzi, deliberatamente scegliamo di essere senza speranza.
Il film ambientato nel nostro territorio descrive la voglia di riscatto di una comunità, che, appena si trova a confrontarsi con le regole e con la legalità, preferisce l’ormai collaudato sistema di corruzione, di favoreggiamento e di clientelismo, dando vita ad un contesto inerme e destinato definitivamente a soccombere sotto il peso di una lunga storia di soprusi.
Il desiderio di rivalsa di un neoeletto sindaco, la sua affermazione di avere restituito bellezza ed ordine ad una città, la sua appassionante confessione che a fare bella “Pietrammare” sono soprattutto le persone con le loro scelte, la fiducia di una una figlia che crede nell’onestà del padre e nella possibilità di cambiamento della sua terra … vengono sopraffatti dall’amara omelia di Leo Gullotta, nei panni del parroco del paese, che forse la scelta di “liberare barabba”, in fondo è la scelta migliore e dalle urla di tutti, nessuno escluso, che va immancabilmente ripristinato lo stato precedente delle cose. E’ l’ultima apparizione die personaggi positivi apportatori di speranza sotto lo sguardo sornione e compiaciuto di un uomo in vestito e cappello che dal balcone di casa sua è come se facesse da regista a tutto ciò.
Scriveva S. Agostino che la Speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno di fronte alla realtà delle cose e il coraggio di cambiarle.
Ecco, ieri sera ho provato sdegno di fronte all’ennesimo stereotipo mediatico proposto a scapito di tante realtà positive della nostra terra e di fronte alla considerazione dei più, con i quali mi sono confrontato, che si sono limitati a stigmatizzare la mia recensione negativa con l’affermazione: “in fondo hanno descritto solo la realtà”.
E’ vero in alcuni manca proprio il coraggio di sporcarsi le mani, di aprirsi al cambiamento, di rischiare per un presente di riscatto e un futuro migliore, in alcuni manca la capacità di guardare con speranza a questa terra disgraziata e benedetta allo stesso tempo…
E’ vero in alcuni manca il coraggio e allora sediamoci comodamente sulla poltrona di un cinema, guardiamoci allo schermo come allo specchio, ridiamo, applaudiamo ed avremo fatto la differenza in fondo questa è la realtà.
Io preferisco alzarmi la mattina e pensare che voglio lasciare il mondo migliore di come l’ho trovato e se questo comporta fatica e impegno, momenti di stanchezza e di disillusione sono sicuro di aver fatto la scelta giusta per il mio presente e il mio futuro.
Distinti saluti
Don Giuseppe Amato

Redazione

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