di Aldo Penna

Un tempo i cospiratori si radunavano in riunioni segrete e attraverso volantini facevano girare le idee di liberazione e riscatto. I volantini di ieri sono divenuti i post di oggi e le riunioni carbonare, le bacheche collettive invase da reportage fotografici e filmati che raccontano verità che il potere non può più filtrare
social media
Notizie bufala o fake news sembrano essere divenute la nuova frontiera del dibattito politico.

Abituati al classico circuito dei media di carta, radiofonici o televisivi, gli attori politici, economici e istituzionali sono rimasti tramortiti dall’affermarsi irruento di un nuovo modo di prodursi dell’informazione.

Finora ha dominato un sistema verticale: un fatto accaduto o in procinto di accadere, un’opinione manifestata o annunciata usciva dall’ambito circoscritto ed era raccontata da un sistema che “mediava” la notizia tra il suo prodursi e l’essere conosciuta.

Nei sistemi primitivi notizia e conoscenza erano simultanei perché l’assemblea riunita conosceva le disposizioni che riguardavano la vita della comunità direttamente dalla voce dei vertici che l’assemblea si era data o subiva.

Appena le società si resero più complesse il ruolo dei “media” divenne appannaggio del potere che attraverso i banditori o le affissioni su pubbliche mura informavano la popolazione sui loro obblighi e, rare volte, sui loro diritti.

Doveva arrivare l’invenzione della stampa per consentire oltre al potere anche al dissenso di esprimersi. 500 anni fa un monaco affisse alla porta della sua chiesa 95 tesi che oggi sarebbero state dichiarate bufale e tramite una delle tante authority auspicate, strappate e ridotte in cenere.

Dissenso e potere si sono sempre serviti da allora in poi, della stampa prima e della tv dopo, per dominare o spezzare le correnti di informazioni che hanno fatto agitare i popoli o li hanno immersi in un sonno profondo.

Non ha caso i golpisti delle epoche moderne hanno sempre cercato di acquisire il controllo prima delle tv e dei giornali e poi delle aule parlamentari e i partiti delle opposizioni hanno creato fogli o emittenti alternative per contrastare la verità ufficiale, la verità di stato.

Prima timidamente poi in maniera più impetuosa sono arrivati i social media, aggregatori a milioni di internauti che dovevano faticare a trovarsi, riconoscersi, fare rete.

E se in passato furono i libri a infiammare gli animi penetrando dentro le coscienze con la forza eversiva di orizzonti che scavalcavano ordini e classi, oggi assistiamo alla rottura degli schemi che hanno regolato e spesso imbrogliato o imbrigliato le vite dei popoli.

Un tempo i cospiratori si radunavano in riunioni segrete e attraverso volantini stampati clandestinamente facevano girare le idee di liberazione e riscatto, così l’Italia e molti altri popoli conobbero le loro rivoluzioni.

I volantini di ieri sono divenuti i post di oggi e le riunioni carbonare, le bacheche collettive invase da reportage fotografici, filmati, registrazioni audio, resoconti raccontano altre verità.

Così nacque e si propagò la primavera araba, così nazioni oppresse sotto feroci dittature fanno filtrare notizie e informazioni aprendo mille finestre di notizie che i media di regime etichetterebbero come bufale.

Oggi che il consenso non si conquista più controllando le tv o divenendo i portavoce dei gruppi industriali e dei loro giornali, si denuncia il pericolo delle bufale. E nel passato? Quante fake news ben presentate, ben confezionate, ben esibite i “media” tradizionali hanno diffuso?

Non è proibendo o invocando ennesime authority  burocratiche e verosimilmente non indipendenti che si bloccano le false notizie.  Solo un forte coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali può assicurare un futuro alle democrazie oggi asfissiate da burocrazie autosufficienti e politici deboli e spesso arroganti.