Sabato 15 ottobre 2016 il Museo Civico di Castelbuono aderisce alla Dodicesima Giornata del Contemporaneo, la grande manifestazione organizzata ogni anno da AMACI (Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani), per portare l’arte del nostro tempo al grande pubblico. Anche per questa edizione la Giornata del Contemporaneo aprirà gratuitamente le porte dei 24 musei AMACI e di un migliaio di realtà in tutta Italia per presentare artisti e nuove idee attraverso mostre, laboratori, eventi e conferenze. Un programma multiforme che di anno in anno ha saputo regalare al grande pubblico un’occasione per vivere da vicino il complesso e vivace mondo dell’arte contemporanea, portando la manifestazione organizzata da AMACI a essere considerata l’appuntamento annuale che ufficialmente inaugura la stagione dell’arte in Italia.
In linea con l’attività dell’istituzione che mira a promuovere i linguaggi del contemporaneo e l’intreccio di questi con il territorio, il Museo Civico di Castelbuono oltre ad aprire gratuitamente le porte del Castello dei Ventimiglia, sede dello stesso, offre la possibilità di poter visitare le mostre attualmente presenti al suo interno, Travelling circular labyrinths mostra personale di Salvatore Arancio a cura di Luca Cerizza e Solo la terra resiste alla terra, mostra personale di Carlo e Fabio Ingrassia, a cura di Laura Barreca e Valentina Bruschi.
Travelling circular labyrinths personale di Salvatore Arancio a cura di Luca Cerizza ha celebrato l’apertura della ventesima edizione di Ypsigrock, uno dei più suggestivi Festival europei, e attualmente in mostra all’interno del Museo fino al 7 novembre 2016. Attraverso un’assoluta varietà di tecniche (scultura, film, video, collage, stampa, ecc.), il lavoro di Salvatore Arancio (Catania, 1974) definisce un immaginario estetico nel quale il paesaggio naturale è guardato attraverso quello che Luca Cerizza definisce come una forma di “sublime psichedelico”. Qui sotto un estratto dal testo critico di Cerizza: “Nel lavoro di Arancio, il paesaggio naturale è letto almeno attraverso un duplice sguardo. Da una parte è sentito nelle sue declinazioni più erotiche, vitalistiche, energetiche. Le stampe che l’artista continua a realizzare dal 2006 e che sono presentate nella sala delle ex-scuderie, derivano dal libro di fine Ottocento Wonders of the Volcano dello scrittore inglese Ascott R. Hope che descrive storie e leggende legate ai vulcani e ad altri fenomeni geofisici a essi correlati (terremoti, solfatare, sorgenti gassose, fontane di fuoco, ecc.), come da altri libri di epoca vittoriana che l’artista colleziona. Su queste immagini Arancio ha compiuto alcune manipolazioni che, seppur in modi a stento percepibili, contribuiscono ad annullare la presenza umana, ad incrementare gli aspetti terrificanti del paesaggio, tipici ell’estetica del Sublime, o a definire nuove forme ibride, inserendo tipologie geologiche appartenenti ad altre latitudini.”
Solo la terra resiste alla terra, mostra personale di Carlo e Fabio Ingrassia, a cura di Laura Barreca e Valentina Bruschi, prende spunto dalla prima antologica degli artisti, curata da Cornelia Lauf al Museo MACRO di Roma l’anno scorso, e presenta circa sei opere – tra lavori bidimensionali e scultorei – la metà delle quali realizzate appositamente per l’occasione e pensate per gli spazi del primo piano del trecentesco Castello dei Ventimiglia, fortemente caratterizzato architettonicamente con archi e pareti in pietra. Il titolo della mostra deriva dall’approfondimento dell’esperienza dei due artisti nel tentativo di “razionalizzare la causa del movimento” espresso attraverso l’opera d’arte che, secondo la loro visione estetica particolare è “un mezzo visibile, materia, all’interno di un sistema in moto”, nella quale agiscono come motori dell’azione di “velare e ri-velare”. In particolare, la scultura di forma ellittica e tondeggiante, dal titolo Rinunciare all’idea di un altro mondo, è costituita da un materiale piroclastico, ovvero magma proveniente dal ventre della Terra, espulso da uno dei crateri laterali dell’Etna durante la famosa esplosione del 1669, la più devastante che si ricordi. Chiamata comunemente “bomba vulcanica”, il nucleo dell’opera è di fatto un “objet trouvé” recuperato vicino allo studio degli artisti, sulle pendici del vulcano, la cui forma viene risolta dalla natura attraverso l’attrito dell’aria che l’ha modellata, raffreddandola, mantenendola – secondo Carlo e Fabio – “nel suo stato ideale”. A questa scultura “naturale” hanno abbinato un elemento ondulato in vetro, componente fragile, della stessa sostanza terrosa della bomba vulcanica, ma trattata in modo diverso. Il vetro accarezza la superficie del basalto scultoreo e plasma la superficie in pietra, conferendole la sua forma finale. Ritorna il tema del dualismo, presente in tutti i lavori dei gemelli Ingrassia, dove elementi di natura simile entrano in contrasto dialettico, da qui il titolo della personale.
L’immagine guida della Dodicesima Giornata del Contemporaneo è firmata dall’artista siciliano Emilio Isgrò.