In un momento nel quale il governo Crocetta con l’assessore alla sanità Baldo Gucciardi (ex capogruppo PD all’assemblea regionale siciliana) sembrano fare un passo indietro (non è stato formalizzato “verba volant”) sulla esigenza di “razionalizzare” la rete ospedaliera siciliana, tagliando – tra l’altro – anche alcuni reparti di eccellenza dell’ospedale Giglio di Cefalù, rendiamo la testimonianza di Sara Radicci – Oddo.
Sara, dal 4 luglio 2014, assiste il marito che a causa di un arresto cardiaco è entrato in coma e si trova tuttora ricoverato presso l’ospedale di Cefalù in stato vegetativo grave.

Da ben ventisei mesi assisto mio marito, in quello che appare come un sereno dormire, all’interno dell’Ospedale Giglio di Cefalù dove si trova ricoverato in stato vegetativo.
Le giornate sono scandite dal ritmo del reparto e dopo tanti mesi anche le stesse voci, le cadenze, i richiami, i parenti dei pazienti e i visitatori hanno assunto un tono ed un ritmo conosciuto. Oggi però, mentre assorta nei miei pensieri, inseguo le prime nuvole di settembre che si muovono nel cielo estivo e che vedo attraverso una finestra c’è aria di fermento, le voci si susseguono sempre più incredule e concitate; accano alla parola tagli alla sanità è stato accostata la chiusura di ben 4 reparti del “nostro” ospedale, e ciò è semplicemente inaudito, non possiamo permetterlo!
Mi chiamo Sara e sono la moglie di un paziente dell’Ospedale Giglio, il nostro calvario è iniziato il 4 luglio 2014, quando mio marito in seguito ad un arresto cardiaco è entrato in coma e si trova tuttora ricoverato in stato vegetativo grave.
Quattro vite stravolte, la sua, la mia e quella dei nostri figli, a seguito di un terremoto emotivo che ha distrutto la nostra quotidianità ed il nostro futuro.
Non è facile trovare parole per esprimere quello che ha fatto seguito a quella maledetta data… buio, disperazione, paura, sono state le compagne delle nostre giornate e delle nostre notti insonni.
Eppure un passo dopo l’altro, un giorno dietro l’altro, ho iniziato a reagire… ho conosciuto quelli che io chiamo il popolo degli Angeli, sono loro gli infermieri e gli operatori sanitari che mi hanno affiancato e accompagnato in questo lungo cammino con professionalità, umanità, competenza calore e amore… Angeli amici che svolgono un lavoro difficile, non sempre in condizioni ideali, ma non perdendo mai di vista la dignità, il rispetto e la cura del paziente.
Sono tanti, e ognuno di loro ha lasciato e lascia una traccia indelebile nel mio cuore. Sempre insieme, uniti come una vera squadra, caposala, infermieri e operatori sanitari lavorando fianco a fianco senza distinzioni di ruoli nel curare mio marito mi hanno insegnato a prendermi cura di mio marito in quasi tutte le sue necessità.
E’ proprio in questo ospedale che ho compreso il vero senso della vita, perché il dolore ci rende umani, ci avvicina agli altri, ci apre nuovi orizzonti, e specialmente in una corsia di ospedale si condivide la vita, il caffè, un abbraccio, (pochi) sorrisi e (tante) lacrime.
All’interno di questo ospedale ho conosciuto e sperimentato anche la realtà del volontariato, tramite
l’associazione A.R.R.Ce che nelle vesti del presidente Enzo Bisconti ha dato vita ad un percorso di ascolto e aiuto dal punto di vista emotivo, creando una rete di rapporti tra familiari allo scopo di non sentirci soli nel dolore, coinvolgendoci in iniziative sia pratiche, con la realizzazione di piccoli oggetti, sia di supporto, con l’ascolto e la partecipazione al nostro dramma… tutto questo, dentro e fuori le mura dell’Ospedale Giglio.
E ora questa notizia getta tutti nell’angoscia!
Mi chiedo quale sarà il futuro di questo ospedale, di chi ci vive un quotidiano che non si può chiamare vita, di chi affida la propria vita nel tentativo di trovare una guarigione, di chi ci lavora sostenendo la propria vita civile e sociale.
Non credo che basti una lettera a cambiare lo stato delle cose, ma credo che sia importante dare il giusto merito alle tante persone che lavorano ogni giorno per e con noi.
La mia lettera non ha colori o bandiera politica, questa lettera ha soltanto i colori della speranza, la speranza di un futuro migliore per tutte le persone che affrontano e lottano ogni giorno, chi per il proprio lavoro, chi per la vita, per gli altri e per se.
Chiudere il Giglio significherà uccidere speranze, guarigioni… vita.