Torneranno a scioperare per otto ore martedì 6 ottobre i lavoratori del Trasporto pubblico locale che manifesteranno davanti la sede della Presidenza della Regione in piazza Indipendenza a Palermo, dalle ore 10. Lo sciopero è stato indetto da Filt Cgil Fit Cisl e Uiltrasporti per “protestare contro la gravissima crisi finanziaria della Regione che si scarica sul Tpl”. All’ Amat di Palermo e le aziende che aderiscono all’Asstra, lo sciopero del personale di movimento riguarderà la fascia compresa fra le 9,30 e le 17,30, dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20 per l’Ast e le aziende dell’Anav. Quindi: I BUS URBANI SI FERMERANNO DALLE 9,30 ALLE 17,30 IN TUTTE LE CITTA’, GLI EXTRAURBANI DALLE 9 ALLE 13 E DALLE 16 ALLE 20. L’intera giornata per gli impiegati degli uffici e degli impianti.
“I tagli della Regione rischiano di mettere in ginocchio già dai prossimi giorni i trasporti nelle città e nelle aree urbane della Sicilia” spiegano i segretari di Filt Cgil Fit Cisl e Uiltrasporti Franco Spanò, Amedeo Benigno, Agostino Falanga. “ “il Presidente della Regione e la sua amministrazione facciano prevalere l’interesse della collettività, vengano scongiurati i pesanti tagli economici previsti a danno del settore sia urbano che extraurbano. Tagli che, già in parte attuati, se confermati incidono sui servizi e se dovessero continuare, determineranno una crisi irreversibile delle aziende, anche di quelle più virtuose, che oggi assicurano sia pure con molte difficoltà, un servizio pubblico capillare, indispensabile per la mobilità dei cittadini siciliani”. I tre segretari concludono “la politica regionale sembra assente ed incapace di affrontare una riforma vera, di largo respiro, con obiettivi concreti, per rilanciare in Sicilia il Tpl. Chiediamo risorse adeguate per un settore oggi sottovalutato spesso limitato da sperpero di risorse economiche dovuto alla
mancanza di qualsiasi controllo da parte dell’amministrazione regionale, che non volendo riformare il settore taglia orizzontalmente i contributi a tutti, con il risultato di non risolvere alcun problema, ma mettendo ancora più in difficoltà quelle aziende che, per sopravvivere, sono costrette a ridurre spese, servizi o licenziare con ricadute pesanti e insopportabili sui servizi proprio nel periodo della riapertura delle scuole”.