In occasione delle manifestazioni legate alla Regata velica dei Borghi più belli d’Italia, è stata allestita la mostra di due artisti che da anni operano nel nostro territorio con dedizione e competenza, contribuendo a diffondere l’immagine di Cefalù nel mondo, con le loro opere, le loro stampe, con l’annuale cartina della nostra città, sempre con un atteggiamento caratterizzato da modestia, sempre in maniera silenziosa e sempre, nella loro attività, nelle mostre, nelle iniziative a cui hanno dato il loro contributo, in punta di piedi, quasi a non voler disturbare con la loro presenza, mai una parola di troppo, sempre fuori da polemiche e protagonismi. Si tratta di Giuseppe Cimino e Patrizia Milazzo, che hanno fatto di Cefalù la protagonista quasi assoluta delle loro opere, rinunciando spesso ad altri soggetti per dare visibilità alla città che amano. Giuseppe Cimino, con naturale modestia, continua a definirsi “un artigiano dell’arte”: io, invece, penso che lui e Patrizia Milazzo siano dei ‘maestri’, con tutto il significato che la tradizione attribuisce a questo termine. Giuseppe Cimino e Patrizia Milazzo sono uniti nell’arte come nella vita, artisti ‘solisti’, ma in grado di realizzare insieme opere in cui è impossibile distinguere le pennellate dell’uno e dell’altra, come si può constatare in questa mostra.
Il piacere di presentare la mostra mi ha condotto con la memoria all’aprile del 2003, quando ho recensito le loro opere in occasione della mostra “Frammenti di Sicilia” presso l’Osterio Magno di Cefalù, per le Edizioni d’Arte Salvatore Marsala: ho ripensato a Giuseppe Cimino e alle sue opere, ai suoi frammenti di spazio e scaglie di tempo che spesso sfuggono e rimangono nell’ombra nel frenetico cammino quotidiano, richiamando un patrimonio di valori e tradizioni da proteggere e trasmettere ai più giovani; ho ripensato a Patrizia Milazzo a al tempo interiore delle sue tele, tempo fatto di memorie, di fuggenti attimi presenti, di attese. In occasione di questa mostra, i suoi fiori, spesso in primo piano, sono un trionfo di gioia per tutti i sensi, ma nello stesso tempo sono simbolo dell’effimero, della caducità, di un tempo che trascorre e trasforma la realtà e la nostra esistenza. Il tempo fluisce tra passato e presente e così, improvvisamente, emergono suggestioni del passato legate al mondo del mare, ma anche al mondo della campagna, perché nelle tele, che rappresentano la nostra dimensione storico-culturale, la campagna, il centro urbano, il mare si integrano in un rapporto inscindibile. Il mare si contempla spesso oltre un arco, da gradini selciati, da muri, accompagnato da elementi floreali e da tradizioni contadine (un uomo con un mulo, mentre altrove ci sono uomini con barche).
Immagine simbolo della mostra è un omaggio al pittore napoletano Filippo Palizzi e all’opera “La fanciulla sulla roccia a Sorrento”, in cui è evidente l’amore dell’autore per la bellezza mediterranea, espressa, appunto, da una fanciulla che contempla la natura di fronte a lei, natura che però resta quasi invisibile. Nella tela dei nostri artisti, invece, la fanciulla distesa sul promontorio, arricchito dalla presenza di una rigogliosa vegetazione di specie endemiche, contempla Cefalù e il suo mare, la bellezza dell’elemento naturale e di quello antropizzato.
Ma il mare non è solo bellezza e contemplazione, il mare è anche lavoro, fatica, spesso pericolo. Il mare unisce la gioia e il dramma, l’allegria e la tragedia. Pertanto in un’altra tela fortemente simbolica, sullo sfondo c’è la Cefalù di Giuseppe Cimino, in primo piano ci sono i pescatori, la barca, il pane e i pesci densi di significati e di simboli, rappresentati con la carica raffigurativa di Patrizia Milazzo che sollecita tutti i nostri sensi: di quel pane si sente quasi l’odore, se ne sente il gusto con la tempesta di semi di sesamo che lo ricopre, si sente al tatto con le sue pieghe e rugosità; l’argento dei pesci dà luce, le ceste si possono prendere in mano.
Il mare è lavoro e tradizione e, così, un’altra opera raffigura Antonino Brocato, (opera normalmente collocata in un luogo magico di Cefalù, in quei locali di Porta Pescara in cui pulsa il cuore vero della nostra città). Nino Brocato, a chi gli chiedeva come mai continuasse a lavorare nonostante la sua età, rispondeva che gli uomini del mare hanno la salsedine nelle vene: nessuna espressione rende meglio il senso della profonda compenetrazione del mare nella vita di un uomo, tanto che la salsedine si fa sangue ed è, quindi, vita.
Queste tre tele probabilmente riassumono il senso dell’intera mostra: ma molte altre meritano attenzione, come quelle collocate in maniera simmetrica in cui le barche in primo piano, con i loro colori e la loro disposizione, fanno convergere lo sguardo l’una verso le case della Marina, l’altra verso la cattedrale vista dalla Giudecca.
Particolari certe vedute e, soprattutto, certi montaggi, perché, se ad un primo sguardo molte opere possono sembrare realistiche, quasi fotografiche, in realtà rivelano un attento lavoro di scomposizione e ricomposizione, per cui ci sono accostamenti di luoghi nella realtà lontani, prospettive impossibili, e può accadere che da Presidiana si vede la Rocca come la si può vedere solo da una via del centro storico o una casa fedelmente riprodotta è collocata in un luogo diverso da quello reale. A volte si tratta di incastri, a volte di un lento sfumare da un ambiente ad un altro, da una roccia ad un’altra.
La mostra non vuole presentarsi in una dimensione statica, ma in maniera dinamica: un’esposizione-laboratorio da cui emergono altre opere nel corso dei giorni, con la delimitazione di due piccoli spazi che diventano luogo di creazione e, nello stesso tempo, ulteriore spazio espositivo.
Un vero e proprio tuffo nel blu, con tutto il movimento del mare anche quando appare immobile.
Rosalba Gallà
Foto: Pino Parisio
La mostra, nei locali comunali di Santa Caterina, piazza Duomo, può essere visitata fino all’11 giugno nei seguenti orari 10.30 – 13.00; 17.30 – 20.30