Galleggiano, ma non hanno parole

Quattro anni fa scrissi queste poche righe in relazione ad uno dei tanti naufragi di migranti disperati in cerca di un orizzonte migliore. Non hanno nessun valore oggi, come allora.

“Galleggiano e non hanno parole. Non hanno respiro, rimpianto, rimorso e neppure colore.
Galleggiano e ci stanno a sentire. E imprechiamo con le braccia tese verso il mare, a raccoglierli in massa, a tirarli nel secco. Mentre il sole zampilla tra le onde invadenti che scuotono le nostre gambe più d’ogni altra tempesta.
Mio padre pescava prima che l’alba nascesse, e suo padre, come ancora a ritroso generazioni perdute nel vento.
Mio padre aveva labbra screpolate, e mani dai calli evidenti bruciati dal sole impudente. E aveva dita scarne mio padre, e muscoli tirati senza filo di grasso e il petto minuto e lo sguardo nascosto. E piedi arcuati a far conca tra le onde, per rendere stabile il cammino nell’acque. Con occhi grandi da veder nella notte fissava in basso, come a volere pescare di continuo la terra. Ma la terra non vede tempesta, seppellisce i suoi corpi e non li torna indietro.
Sulla terra rimaniamo senza galleggiare, pieni di parole.
Per mare si va, si attende, consapevoli che nulla trattiene per sè.
I frutti del mare ci davano da mangiare, e l’odore del sale mio padre se lo portava fin dentro casa.
Ho vissuto per anni con quel sentore di mare, tanto da non pensarci più, perso tra i miei libri e gli anni di studio trascorsi in collina.
Lontano dall’eco della risacca, dal vento che smuove la sabbia e ti chiude lo sguardo, dal fulmine che squarcia la notte e disegna un orizzonte che non sai mai quant’è distante.
Da qualche parte è stato detto che tutto ritorna, e se siamo stati cenere cenere saremo e se siamo stati terra terra diventeremo.
Io sono stato mare e nel mare sono ritornato, senza riuscire a sfuggire al destino.
Con una divisa diversa, senza le mani protese al pescato, senza che il mio fiuto carpisse gli umori del vento, attendendo la tempesta nelle giornate di sole.
Mio padre era un pescatore, io un marinaio, capitano di corvetta.
Mio padre pescava solcando le onde, calando le reti, violando le acque.
Loro galleggiano e non servono reti, e non serve neppure violare le acque.
Io me ne resto sul secco, senza odore di sale sulla pelle, e pesco inermi senza colore, rimpianto, rimorso.
E per quanto ne abbia di parole in corpo o ne possa copiare so che non devo lasciarle nel mare.
Ho imparato da mio padre che me le restituirà.”

Massimiliano Città

Recent Posts

Il Giornale di Cefalù – World days Vespa

41° anno -2-5-2024 -Il Giornale di Cefalù - World days VespaSicilia in Vespa e tra…

9 ore ago

Ancora una sconfitta per il Palermo,1-0 contro lo Spezia

92 e adesso 93 sono gli anni che il Palermo non vince contro lo Spezia,infatti…

14 ore ago

“Cantautori tra le righe”. Claudio Cirillo a Isnello per il progetto “Fortini Sonori”

Il cantautore dialogherà con il pubblico proponendo spunti e curiosità su come nasce un loro testo…

21 ore ago

Riolo ha vinto ad Erice contro se stesso

Il sorriso di Totò Riolo sul gradino più alto del podio della Monte Erice è…

22 ore ago

A Gangi tappa del Wonder Italy, motoraduno nazionale che va alla scoperta dei borghi più belli d’Italia

Ha fatto tappa a Gangi il Wonder Italy, il moto raduno non competitivo che va…

23 ore ago

Europee: Giaconia (Progetto Palermo), sosteniamo Lidia Tilotta per un’Europa vicina ai territori

“Abbiamo bisogno di un’Europa vicina ai territori e alle comunità locali. Per questo abbiamo scelto…

23 ore ago